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(1417 articoli)
  • Avviato 14 anni fa da Faust Cornelius Mob
  • Ultima replica da parte di big one
  1. A.

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    Grazie Lorenzo di questo allegato, molto bello ascoltare Branagh che recita Shakespeare

    Pubblicato 10 anni fa #
  2. big one

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    Scusami A se sono un po' rompicoglioni ma quello che hai ascoltato non è Branagh bensì il suo doppiatore Tonino Accolla.
    E già che ci sono vorrei ricordare Accolla, scomparso tre mesi fa a 64 anni, attore in grado di dare voce a Homer Simpson, a Eddie Murphy con la sua inconfondibile risata e ad altri innumerevoli attori tra cui, appunto, Branagh.

    Pubblicato 10 anni fa #
  3. A.

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    Moderatore

    Hai fatto benissimo a ricordare Accolla.
    Ciao Big one

    Pubblicato 10 anni fa #
  4. llux

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    Ho letto Il sogno di volare di Lucarelli, dove l'ispettrice Grazia Negro dichiara di avere trent'anni. Era già una poliziotta in Almost Blue, quindici anni fa.
    a. A quindici anni già sbatteva in galera serial killer.
    b. Non si fanno più gli editing di una volta.
    c. Mi sono persa qualcosa io.
    Forse C.

    Pubblicato 10 anni fa #
  5. zaphod

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    Fondatore

    Il sogno di volare è ambientato subito dopo Almost blue. Il tempo nella narrativa seriale scorre diversamente dalla realtà. Altrimenti il commissario Montalbano da mo' che doveva stare in pensione...

    Pubblicato 10 anni fa #
  6. k

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    Anzi, scorre come gli pare all'autore, se permettete.

    Pubblicato 10 anni fa #
  7. llux

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    Lo sapevo che era C. Grazie.

    Pubblicato 10 anni fa #
  8. big one

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    Il sogno di volare è ambientato subito dopo Almost blue

    non mi fate fare sempre la parte del pignolo (due volte nella stessa pagina!) ma subito dopo Almost blue c'è Un giorno dopo l'altro.

    Me lo dico da solo:
    Ammazza che rompicoglioni!

    Pubblicato 10 anni fa #
  9. zaphod

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    Mi sa che non l'ho letto...

    Pubblicato 10 anni fa #
  10. llux

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    Neanche io: la risposta giusta era proprio C.

    Pubblicato 10 anni fa #
  11. zaphod

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    Su twitter hanno lanciato una sfida a proporre il carme 85 di Catullo

    Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
    Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

    In Storia di Karel si propone la traduzione di Guido Ceronetti:

    Odio e amo.
    Come sia non so dire.
    Ma tu mi vedi qui crocifisso
    al mio odio e al mio amore.

    La prima risposta arrivata su twitter è di Massimo Rosa

    @statrosapristin: @TwitSofia_It

    Odio. Amo. Cazzo vuoi che ti dica?
    Non lo so! Ma questa croce porterò.

    Trad. mia 2 endecasillabi

    #Catullo #TwitSofia #Eros

    Pubblicato 10 anni fa #
  12. Si poteva migliorarne la ritmica :

    Odio, amo, cazzo ne so
    Ma questa croce, la porterò

    Pubblicato 10 anni fa #
  13. zaphod

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    Fondatore

    Questa poesiola invece l'ha twittata Alberto Figliolia:

    L'ansito
    di una fisarmonica.
    Una ragazza legge
    ad alta voce
    Pennac.
    O forse è
    Pennacchi.
    Il fatto è che
    piove a dirotto
    e un gatto
    ronfa.

    Pubblicato 10 anni fa #
  14. big one

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    con l'ansito di una fisarmonica di sicuro leggeva Pennac.
    Avrebbe letto Pennacchi se fosse stato della Corale S. Marco.

    Pubblicato 10 anni fa #
  15. Esperimento di Philadelphia, superstiti: Al Bielek, verità o pazzia?

    Alfred Bielek nel 1990 rivelò al mondo di aver partecipato in prima persona all’Esperimento di Philadelphia.

    L’Esperimento di Philadelphia continua, 70 anni dopo il caso della USS Eldridge, ad affascinare persone e studiosi di tutto il mondo. Ancora oggi infatti molti credono che, al di là del Progetto Arcobaleno e della ricerca dell’invisibilità attraverso la deformazione “controllata” della luce tramite l’elettromagnetismo, qualcosa, il 28 ottobre 1943, non sia andato nel verso giusto e che l’umanità quel giorno abbia scoperto casualmente qualcosa tutt’oggi incomprensibile e non facilmente riproducibile. Molti credono fermamente infatti che il ”teletrasporto” della USS Eldridge dal porto di Philadelphia (in Pennsylvania) fino al porto di Norfolk (in Virginia) sia avvenuto per un “fortuito” o forse no, gioco del destino.

    La USS Eldridge sarebbe infatti dovuta sparire solamente sul radar (per permettere agli americani di nascondersi dai nemici di guerra) ma il campo elettromagnetico fu talmente forte da far scomparire “realmente” la nave dal porto, teletrasportandola a miglia di distanza per pochi minuti. L’esperimento di Philadelphia infatti registrò, nell’istante stesso in cui sparì l’USS Eldridge, anche la mancanza di uno strato d’acqua nella zona immediatamente sottostante la nave da guerra, che rimase deforme per diverso tempo anche dopo il “rientro” della nave. Ma cosa successe realmente il 28 ottobre 1943 alla Eldridge e a tutti gli ignari componenti dell’equipaggio? Qual era il vero fine dell’esperimento di Philadelphia e del Progetto Arcobaleno?

    Esperimento Philadelphia

    Nel 1990 Alfred Bielek, deceduto il 10 ottobre 2011 in Messico (a Guadalajara) a 84 anni, rivelò durante una conferenza stampa da lui stesso convocata di essere uno dei superstiti della USS Eldridge e di essere stato teletrasportato, durante l’esperimento di Philadelphia, avanti nel tempo: esattamente nel 2137. Al Bielek iniziò a ricordare frammentariamente ciò che era successo all’interno della USS Eldridge nel 1943 dopo aver visto il film del 1984 The Philadelphia Experiment: lui stesso dichiarò di essere stato sottoposto ad un controllo mentale da parte dei servizi segreti e del pentagono per cancellare ciò che gli era successo e che era successo a tutti gli altri marinai il 28 ottobre 1943 a Philadelphia. Bielek raccontò di essere finito insieme a suo fratello Duncan Cameron in un ospedale del 2137 e di essere venuto a conoscenza di eventi catastrofici che si sono avverati all’inizio del 21esimo secolo.

    L’uomo raccontò anche di aver partecipato anni dopo l’esperimento di Philadelphia, nel 1980, ad altri progetti militari segreti sul viaggio nel tempo che avrebbero avuto come fine ultimo addirittura il prelevamento, tramite speciali contenitori, della luce e dell’energia oscura presente vicino ad altri pianeti della nostra galassia.

    Francesca Lulleri (Anonima sarda)

    da:
    http://www.vipnotizie.it/esperimento-di-philadelphia-progetto-arcobaleno-al-bielek/

    Pubblicato 10 anni fa #
  16. Sto leggendo L'inferno, non quello di Dante ma di Giorgio Bocca. Che non mi è mai piaciuto, a pelle. E invece il libro merita eccome. Un viaggio nel malaffare del sud che è un po' (nella sostanza) un Gomorra dieci anni prima. Non me l'aspettavo. Avere pregiudizi è sbagliato, ma devo riconoscere che nella scelta dei libri da leggere spesso si va a simpatie. E forse ci perdiamo qualcosa per strada...

    Pubblicato 10 anni fa #
  17. A.

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    Ferdinando voglio rispondere al tuo messaggio di tre settimane fa. Tu assumi psicofarmaci maggiori?

    Pubblicato 10 anni fa #
  18. A.

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    Moderatore

    Ferdinando voglio rispondere al tuo messaggio di tre settimane fa. Tu assumi psicofarmaci maggiori?

    Pubblicato 10 anni fa #
  19. A.

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    Moderatore

    Ferdinando voglio rispondere al tuo messaggio di tre settimane fa. Tu assumi psicofarmaci maggiori?

    Pubblicato 10 anni fa #
  20. Nein.

    Pubblicato 10 anni fa #
  21. Nein.

    Pubblicato 10 anni fa #
  22. Nein.

    Pubblicato 10 anni fa #
  23. zaphod

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    Fondatore

    Magari dovresti...

    Auguri a tutti, comunque.

    Pubblicato 10 anni fa #
  24. llux

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    Ho letto questo

    La scrittura come flusso di coscienza: alcune cose le condivido, altre mi hanno lasciata interdetta. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

    Pubblicato 10 anni fa #
  25. llux

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    il link giusto è questo

    http://www.minimaetmoralia.it/wp/scritture-vagabonde/

    spero, l'altro non si apre

    Pubblicato 10 anni fa #
  26. zaphod

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    Fondatore

    Sul blog Minima&Moralia hanno ripubblicato un articolo già apparso sul Foglio firmato da Mariarosa mancuso in cui si riprende l'argomento dei "bei tempi andati".

    “Era il migliore dei tempi, era il peggiore dei tempi, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. A farla breve, gli anni erano così simili ai nostri che chi li conosceva profondamente sosteneva che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo” (Charles Dickens, “Le due città”).
    E bravo Charles Dickens, che prende in giro gli anni suoi e gli anni a venire. Oddio, gli anni non è che portino colpe, sono i commentatori che tracciano la linea e la difendono consumandosi le dita sulla tastiera. L’attacco di “Le due città” torna in mente quando leggiamo, a distanza di pochi giorni, due elenchini che paragonano il lussuoso 1913 al mesto 2013. L’anno mirabile che vantò la “Recherche” di Marcel Proust, “La sagra della primavera” di Igor Stravinskij, il Sigmund Freud di “Totem e tabù”. Il nostro anno orribile: i radar non hanno rilevato nulla che si possa paragonare a quei capolavori. E già affilano le armi della critica preventiva: nel 1914 c’era Charlie Chaplin al suo debutto, c’era James Joyce che pubblicava “Gente di Dublino”, e noi saremo ancora qui a dibattere se l’ingresso in classifica di Fabio Volo annunci o no la fine della letteratura.
    A parte il fatto che i campioni dell’avanguardia non furono applauditi né celebrati al loro apparire – quindi gli equivalenti andrebbero trovati tra libri, film e altri manufatti che attualmente vengono disprezzati, toccherà ai posteri riaggiustare la scala di valori – il piagnisteo culturale versione 2.0 irrita quanto il precedente. (L’originale, inchiodato alle sue reponsabilità da Robert Hughes, riguardava le minoranze oppresse e il loro contributo alla cultura: scarso ma molto pompato perché sennò è discriminazione).
    Il piagnisteo sulla fine della cultura irrita, e fa rispolverare la legge di Theodore Sturgeon, scrittore di fantascienza anni 50. Quando attaccavano il suo genere prediletto facendogli notare che per il 90 per cento erano romanzi-spazzatura, spiegò che “il 90 per cento di ogni cosa è spazzatura” (ora “Cristalli sognanti” è nel catalogo Adelphi). Probabilmente si era tenuto stretto, perfino per i tempi in cui la cultura era una faccenda più elitaria di quanto non fosse nel 1958: dietro un Dickens, decine di scrittrici, note come “regine delle biblioteche circolanti”, intrattenevano i lettori senza che oggi ne sia rimasta traccia.
    Il 90 per cento di tutto è spazzatura, facciamocene una ragione. Vale per internet, per l’accademia, per la pletora di cuochi che teorizzano l’impiattamento come una delle belle arti. Vale per i romanzi e per i film, che rispetto ai primi hanno una barriera d’entrata più alta. Ancora servono parecchi soldi, pochissimi pionieri hanno preso sul serio le possibilità garantite dalle telecamerine digitali che abbattono i costi di produzione facendo trionfare le idee. A patto che le idee ci siano, fanno notare due grintosi ultrasettantenni: Werner Herzog, che per girare il suo primo film rubò una macchina da presa alla scuola di cinema di Monaco, e Roman Polanski. Ancora meno sono i millennial che spingono la loro fede nei social network, nei blog e nell’online al punto da non sognare la propria firma su un giornale di carta, o su una bella copertina rigida (con risvolto suggerito dallo scrittore medesimo). Dietro ogni libro autopubblicato, c’è una preghiera rivolta a un editore.
    Sperare nel 10 per cento è più che sufficiente per vivere felici e curiosi, con libri da leggere e film o serie tv da vedere. Di più comunque non riusciremmo a smaltire. Sull’ultimo numero del New Yorker, un commento di Adam Gopnik intitolato “Due navi” ricorda che il Titanic aveva una nave gemella, l’Olympic, che non naufragò cozzando contro l’iceberg e approdò tranquilla nel porto di New York. Navigò per i successivi vent’anni, trasportò le truppe durante la Seconda guerra mondiale, era tanto affidabile che fu ribattezzata “Old Reliable”, vale a dire Vecchio Baluardo. Nessuno a Hollywood ci farà mai un musical, aggiunge, perché le disgrazie attirano e perché i falsi positivi non affliggono soltanto la diagnostica medica.
    Affliggono anche la cultura, sicuro. Soprattutto in un paese immobile come l’Italia, dove possiamo scegliere tra tanti di quei piagnistei generazionali che la metà basterebbero per farsi spernacchiare anche da conoscitori della natura umana meno raffinati di Charles Dickens. “Un paese di giovanotti abulici stesi sul divano con le cuffiette”, garantisce Michele Serra in “Gli sdraiati”, gran successo di pubblico e di critica. Il figliolo dovrebbe far causa per ottenere metà dei diritti, come fece il genitore di John le Carré: “Ti ho fatto passare un’infanzia difficile, sei diventato ricco raccontandola nei romanzi, ora voglio la percentuale”. Un paese dove i bambini guardano Peppa Pig e gli adolescenti adorano Violetta, personaggi pervenuti ai commentatori adulti durante le trascorse vacanze natalizie.
    Se il 2013 appena finito e il 2014 appena cominciato saranno all’altezza dei corrispettivi di un secolo fa è presto per dirlo. Pare comunque inutile fasciarsi la testa. Non è questione di ottimismo. Sorregge la statistica (il mondo è sopravvissuto finora ai profeti di sventura, facile che ce la faccia anche quest’altra volta) e sorregge l’esperienza. Venti anni fa nessuno avrebbe scommesso un solo dollaro sul clamoroso rinnovamento, oltre che sul successo popolare e culturale, delle serie televisive. All’origine – bisogna ricordarlo – la diversificazione del mercato: la HBO voleva abbonamenti alla tv via cavo, decise di puntare sulla qualità della scrittura. Sul pubblico adulto. Sulla sperimentazione che non fa fuggire gli spettatori, anzi li attrae e li conquista.
    Il cinema sembrava moribondo sotto i colpi della nuova televisione, paragonabile a un feuilleton ottocentesco per ampiezza e impatto con il pubblico. Si è risollevato con film come “Gravity” di Alfonso Cuarón. La space opera ripropone il brivido realistico provato dagli spettatori che videro il treno sbuffante vapore dei Lumière diretto contro di loro. E nello stesso tempo è costruita come i filmini di Georges Méliès, celebrato da Martin Scorsese in “Hugo”: le più moderne tecnologie applicate a una storia antichissima, il ritorno a casa dopo una catastrofe. Se pensiamo all’immenso battage, pubblicitario e critico, che accompagnò nel 2009 l’uscita di “Avatar” diretto da James Cameron, non possiamo che rallegrarci. Si va avanti e non indietro, qualche anno ancora e gli omoni blu con le orecchie a punta saranno nell’archivio delle stranezze, non dei film che hanno cambiato la storia del cinema.
    La legge del 90 per cento vale anche per le magnifiche sorti e progressive dei nuovi media, che ci hanno trasformato in commentatori frenetici e suscettibili. Non è colpa dei social network, naturalmente. Non è che prima fossimo creature dall’intelligenza sempre brillante, o juke box programmati per pronunciare frasi memorabili, giudizi solidi, pensieri azzeccati o almeno originali, e per carità niente cazzeggio. È che prima si usava dare una sistematina all’universo nei vagoni ferroviari, nei circoli politici, parlando con il macellaio dietro il banco, negli spogliatoi della palestra, nel bagno ritoccando il rossetto, davanti alle macchinette del caffè. Ora si fa lo stesso mirando a un più vasto pubblico (finché dura, non è lontano il momento in cui nessuno leggerà più i pensierini altrui, vorrà solo “fare gruppo” stellinando gli amici per farsi stellinare a sua volta, e tutto ricomincerà da zero).
    La smania passatista fa perfino rivalutare il “quarto d’ora di celebrità” che secondo Andy Warhol sarebbe spettato a chiunque nel Novecento. Il nostalgico è Roberto Cotroneo, guarda caso commentando una conversazione da treno. Intanto su Facebook pubblicizza lo Studio Editoriale Roberto Cotroneo, start up che legge a pagamento manoscritti inediti (e noi convinti che le start up fossero cose moderne). Su Twitter promuove il suo romanzo “Betty” (Fabio Fazio non lo invita, puntualizza, ma il romanzo vale) e ci fa secchi con il pensiero stupendo: “Questa nostra epoca impietosa e futile, fatta di un tempo anfibio che non scandisce più la vita e del quale ci sentiamo ospiti estranei…” Puntini forniti dall’autore (sembrava che Twitter avesse fatto sparire dalla circolazione il marchio di fabbrica dello scrittore pensoso; macché, eccoli di nuovo).
    Noi per la verità ci stiamo benissimo, nel tempo anfibio, colpa sicuramente della nostra frivolezza e mancanza di sensibilità. Per dire: non ci siamo accorti dei mutamenti antropologici, né berlusconiani né giovanilistici. Basta guardare un vecchio film con Alberto Sordi – bugie, piccinerie, ipocrisie – per non credere ai primi. Bastano un po’ di letture per farsi beffe dei secondi. “Vivevamo con più gusto di quanto la presente generazione sembri capace. Ci divertivamo di più, di questo sono convinto. E spesso mi domando perché i giovani d’oggi sono così apatici, come se avessero la temperatura due o tre gradi più bassa del normale”. Michele Serra? Macché, Norman Douglas, nell’anno del signore 1933. 23 anni prima Virginia Woolf aveva annotato sul suo diario “la natura umana è cambiata”, sull’onda del flusso di coscienza e del modernismo. (Era cambiato solo il modo di scrivere, e siccome dava ai lettori meno soddisfazioni del fantastico realismo e dello stile indiretto libero di Gustave Flaubert, c’è stata anche una bella marcia indietro su cui non infieriamo).
    La domanda che più spesso si sono sentiti fare i fratelli Coen, a proposito del loro ultimo film “Inside Llewyn Davis” (da noi uscirà a febbraio), è perché hanno scelto come protagonista uno sfigato a cui vanno tutte storte. Nostalgia per il tempo che fu e incapacità di riconoscere un “Libro di Giobbe” ambientato negli anni 60 vanno infatti tragicamente a braccetto. Questa non è la biografia di un musicista che dopo i tempi duri e la gavetta e le umiliazioni finalmente sale sul palco e si becca gli applausi. Qui gli applausi vanno a qualcun altro, che aprirà i tempi nuovi invece di chiudere i vecchi.
    Non è facile capire quando succede, lo scatto somiglia al cambio di paradigma che secondo Thomas Kuhn governa l’avvicendarsi delle teorie scientifiche (la successiva non approfondisce la precedente: cambia radicalmente il nostro modo di vedere le cose). Però non è vietato provarci e fare scommesse, invece di puntare sui vecchi cavalli. Sennò si continua a combattere contro cose che non esistono più. Mettendo in croce i pubblicitari che usano “il corpo delle donne” per vendere auto, quando la pubblicità delle automobili da tempo inneggia alla famiglia, all’ecologia, alla sicurezza, alle prese elettriche che evitano la sosta al peccaminoso distributore di benzina. Le donne nude sono sparite perfino dalle copertine dei settimanali, a dire la verità le ultime le abbiamo sbirciate sulle copertine dei romanzi di Francesco Piccolo (“La separazione del maschio”) e Antonio Scurati (“Il padre infedele”).
    A noi non spiace che la puntata di “MasterChef” dove i concorrenti cucinavano spaghetti al pomodoro fosse scritta meglio della puntata di “Masterpiece” dove i concorrenti visitavano mostre canine e mercati generali da voltare in racconto fantascientifico (abbiamo però notato che non le chiamano più “prove immersive”, un bel passo avanti verso l’italiano). I tre giudici invece si accapigliavano sul leggere o no quell’antisemita di Céline o quel maiale di Philip Roth o quel pedofilo di Vladimir Nabokov. In nome della letteratura in Italia si sono commessi tanti delitti – fuori Italia un po’ meno, ancora si scrivono e si leggono recensioni che prescindono dall’amicizia con l’autore e dal gusto delle professoresse – che un po’ di moratoria sarebbe benvenuta.
    La mettiamo tra i desiderata per il 2014, sperando ci liberi dalle Mazzantini e dalle Mazzucco che, guarda caso nell’anno in cui Guido Barilla viene messo in croce perché considera l’Italia non ancora matura per due baffuti maschi con il grembiulino che in cucina si scambiano affettuosamente il fusillo, gareggiano con due romanzi con coppie gay. Risultano così infrante due regole del più elementare buon senso. Prima regola: la pubblicità non fa da apripista verso il nuovo mondo possibile ma si limita a cogliere l’aria del tempo. Controprova: la pubblicità dello smartphone Nokia Lumia non si vergogna di mostrare genitori che se le danno di santa ragione durante la recita scolastica dei figli (o il matrimonio degli amici, per scattare la foto migliore; aspettiamo quello con la partita di calcio). Seconda regola: la letteratura non nasce come doppione della cronaca, infiorettata di bello scrivere. Nacque, sostiene Nabokov, “quando un ragazzo entrò nella valle di Neanderthal gridando ‘al lupo al lupo…’ e non c’erano lupi dietro di lui”.
    “Il 90 per cento è spazzatura”. La stima andrà tenuta presente quando anche da noi scoppierà il dibattito “snark vs smarm”. Lo anticipa Cesare Alemanni in un paio di articoli sul sito della rivista Studio. “Snark” sono le recensioni che quando è il caso pungono e attaccano, anche con ironia e anche con citazioni più rivelatrici di mille categorie critiche. “Smarm” è la scelta fatta da Isaac Fitzgerald, editor della nuova sezione libri di BuzzFeed: pubblicare solo recensioni positive, adottando la regola del coniglietto di Bambi (“se non puoi parlare bene di qualcuno non parlarne”). Barriera d’entrata da gruppo di supporto per serial killer: “Se non l’hai fatto non puoi capire”. Se non hai girato un film o scritto un romanzo, non puoi parlar male di quelli altrui: “Non sai la fatica che ci vuole, e come ci si sente, e bla bla bla”. Puoi parlarne bene invece, questo non è vietato (per favore non fatelo sapere ai registi dei cinepanettoni). Quindi sono ammesse solo affettuosità (oltre al coniglietto di Bambi, e non è uno scherzo, fanno da modello gli scodinzolanti corgi della regina Elisabetta).
    Dave Eggers – grande fan delle carinerie culturali che prendono il nome da una brillantina indiana per capelli – non può saperlo. Ma in Italia siamo avanti, lo smarm esiste da almeno un decennio, mancava solo un nome per battezzarlo. Per lo snark serve un po’ più di attrezzatura. Eppure sarebbe bello goderci subito il 10 per cento per cui vale la pena di vivere, senza doverlo recuperare quando i posteri si lagneranno della loro epoca celebrando lo sfarzo culturale della nostra.

    Pubblicato 10 anni fa #
  27. k

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    Membro

  28. Ho letto questo sms: "Il Trento Rugby ha sconfitto 108-3 il Bolzano. Merkel sukaaa"

    Secondo voi chi può essere l'autore?

    Pubblicato 10 anni fa #
  29. A.

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    Moderatore

    George Perec
    «W o il ricordo d'infanzia» Einaudi

    Sono disposto a menare chi dice qualcosa contro questo genio immenso.

    Pubblicato 10 anni fa #
  30. Woltaired

    offline
    Membro

    .. . (non ci riesco, volevo mettere una foto, ma non son capace)

    Pubblicato 10 anni fa #

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