Angelo Camba

Il Buco Nero

"Vuoi tu, Giulia, prendere il qui presente Alessandro come tuo sposo, essergli fedele sempre, amarlo e onorarlo in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non si prepari?"
"Sì, lo voglio".
"E vuoi tu, Alessandro, prendere la qui presente Giulia come tua sposa, esserle fedele sempre,
amarla e onorarla in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non si prepari?"
"Sì, lo voglio".
"Vi dichiaro…
"


Ascoltami…

Si era vestito rapidamente quel giorno. Completamente posseduto da un desiderio al quale sentiva di non poter resistere. Si era trattenuto per molti anni, troppi, amando ed onorando sua moglie Giulia. Non aveva mai sgarrato. Aveva respinto ogni minima pulsione nei confronti delle altre donne. Ciò che perlomeno spinge ogni uomo a guardare delle belle gambe, un bel sedere o dei seni messi in mostra.
E così, da una settimana, da quando l'aveva assunta, la nuova segretaria sortiva dei strani effetti su di lui. Alessandro era diventato un groviglio di nervi, pulsioni viscerali e sonno disturbato. Quella mattina aveva deciso di smettere di rigirarsi nel letto come al solito. Aveva fatto uno scatto o ed era rimasto stupito di sé stesso. Era da circa quindici anni che non si alzava con una tale euforia in corpo. Tutto andava per il meglio, anche il cosiddetto "alzabandiera" era tornato. Si sentiva forte, miracolosamente appassionato, audace, in luminante freschezza.
In pochi minuti fu doccia, barba e deodorante. Poi camicia, giacca e cravatta. E per finire cappuccio e brioche al bar. Dopo tutto ciò era pronto, sicuro, diretto verso il suo ufficio. Eccitato, e con un'abbondante mezzora di anticipo.
Il divenire era in rapido mutamento nella sua vita. Forse si trovava di fronte a un cambio epocale. La sua rinascita stava avvenendo in quel determinato momento. E lui se n'era accorto. Magari era stato il caso a volerlo. Dopo quindici anni la sua segretaria aveva lasciato il lavoro per problemi in famiglia. In quello stesso periodo il suo collega e amico Piersilvio Fiore gli dava quella che, a seconda dei punti di vista, viene definita la "classica dritta".
"Fatti una prova, no? Che ti costa?"
"Non so…"
"Cosa non sai, mìnchioz?"
"Sento che non ci riesco…"
"Sei una lagna! Ti dico: fai come me! Ormai non esiste più il lavoro fisso. Ti becchi una stanga di stagista ogni due o tre mesi e risolvi ogni problema. È garantito cazzo! G.a.r.a.n.t.i.t.o.!"
"Ma il contratto, la sicurezza di un rapporto di lavoro costante e sicuro. La fiducia che…"
"C.a.z.z.a.t.e.! Guarda, non te lo direi, ma è così che vanno le cose. Lo fanno tutti ormai. Ne individui tre o quattro, fai il colloquio e ti scegli la migliore ogni volta. Il resto è tutto in discesa caro mio, fidati!"
"Mah, forse, mi sa che…"
"Oh finalmente! Vedrai che è la soluzione migliore! Ah ah ah! Ne tieni una per un po', e mi raccomando: falla lavorare come si deve! Che poi è quello che vuole, tranquillo, fresca fresca di laurea e master, vuole solo spaccarsi di lavoro e imparare. Questa si chiama "flessibilità" amico mio, in tutti i sensi! Pensaci: la "flessibilità"! Si deve piegare cazzo! Eh eh eh! È così che va oggi, e dopo due o tre mesi, se non è brava, o non ti soddisfa "adeguatamente", scatta l'operazione calcio nel culo!"
Sì, la cosa era andata così: Lavoro flessibile, cambio epocale.
Lei era la prima: Lorena, ventiquattro anni, diploma in lingue, laurea in economia, master in marketing e comunicazione eccetera eccetera. Gambe lunghe, occhi blu, culo su. Stupenda. Una vita senza svolte drammatiche alle spalle. Sentiva che doveva essere sua, ad ogni costo.
La sua vita coniugale non era mai stata così bassa. Aveva sempre amato sua moglie Giulia più di ogni altra cosa. Il solo starle accanto era un beneficio per le sue ansie da quasi vent'anni. Al tocco delle sue mani i problemi si dissolvevano, da sempre, dai primi momenti passati insieme fino al giorno in cui aveva assunto Lorena. Ma nonostante amasse sua moglie Giulia, Alessandro si convinse a buttarsi, perché era anche vero che da un po' di tempo si sentiva ingabbiato, stanco. Sempre più spesso le rispondeva male e quello era diventato un segno: dirle in maniera sgarbata di passarle il sale durante la cena non era solo un modo offensivo e rozzo per chiederle il sale. In quel momento lui comunicava dell'altro. La sua insofferenza, la voglia di sorridere che decade, la paura di sentirsi vecchio. La realtà dell'esserlo diventato. In quel modo lui le chiedeva di ascoltarlo. Molte, moltissime coppie sono così dopo tanti anni passati insieme. Basta immaginarsi due anziani coniugi che si mandano al diavolo quotidianamente, sconfitti fino alla fine, è logico chiedersi come facciano a stare insieme così tanti anni. Per Alessandro la scena del sale era diventata un segno premonitore, un'idea fissa dalla quale prese spunto per il suo rinnovo.
Aveva bisogno di distrarsi, come diceva Piersilvio Fiore. Si era vestito rapidamente quel giorno, e mentre lo faceva pensava che forse il suo amico e collega non aveva tutti i torti. Si era sentito così diverso, felice, così vicino all'idea di "American Beauty". Come Kevin Spacey nel film, anche lui aveva sempre interpretato la parte del brav'uomo, e si era sentito rinascere, ma non per questo meritava di finire in malora. Anche lui doveva riuscire cavalcare quell'onda di benessere totale ma, a differenza del protagonista del film, a lui sarebbe andata bene. Ne era sicuro. Alessandro pensava che sarebbe rinato davvero, e così avvenne, almeno all'inizio.

Seguimi…
L'aveva sentito solo qualche giorno prima, al bar, durante il momento della pausa caffè. Lì per lì non sapeva se crederci o meno, ma ciò che stava vivendo ne era la conferma. Più ci pensava e più si convinceva. Più ci pensava e più ci dava dentro, perché era tutto vero, dalla prima all'ultima parola.
Era entrato proprio nel momento in cui uno degli uscieri spiegava gli effetti della Black Hole, la "rape drug", o meglio, la droga dello stupro che aveva invaso Inghilterra e Stati Uniti. C'erano anche Piersilvio Fiore e la Lollo, una collega divorziata che aveva fatto un giro sui cazzi di mezza azienda e che in quel momento mangiava con gl'occhi l'usciere milanese che, come un santone, si sbizzarriva sui possibili usi, e abusi.
"Figa, la mistura è semplice: base di Roipnol e quartino di Mdma. Pigli una pastiglietta e non ci pensi più! Imbattibile! Ma c'è anche il lato della sfiga: immagina che hai una fidanza o una moglie che va a fare l'aperitivo, arriva uno stronzo che se la punta e le mette una pastiglia nel bicchiere… Cazzo se è un guaio! Ti trombano la donna, sei cornuto, e lei manco lo sa!"
Quella esilarante chiacchierata da bar gli non aveva detto più di tanto. Ma qualche giorno dopo, mentre lavorava fianco a fianco con Lorena, qualcosa cambiò, ancora. La lampadina di Edison si accese mentre tentava di capire come fare per arrivare a possederla e contemporaneamente non rovinare il suo matrimonio. Sesso e amore. Sesso di qua, amore di là. Non doveva essere poi così difficile. Sentiva che doveva riuscirci anche lui, come Piersilvio Fiore, e sorrise. Sentiva di avere la soluzione in tasca.
Alla fine di una ennesima pausa caffè, Alessandro si intrattenne con l'usciere e, dopo non pochi giri di parole, gli chiese se era possibile recuperare la Black Hole. Quello non ci pensò due volte...
"Figa, doctor, ma scherza? Io vi posso trovare anche i peli del pube di Jimi Hendrix!"
Le pastiglie arrivarono dopo qualche settimana. Ne aveva comprate cinque, a cinquanta euro l'una, e da subito aveva capito che funzionavano. Funzionavano eccome! Era tutto vero. Lo stava vivendo con i suoi occhi, mentre Lorena si lasciava spogliare, si lasciava toccare, si faceva possedere. Era stato facile farle credere di aver bisogno di lei per lavorare anche dopocena. In straordinario. Era stato facile prendere quel caffè dopocena. Per tenerci svegli, le aveva detto.
Lorena sembrava ancora cosciente. Dapprima farfugliava, poi niente, risucchiata nel buio della Black Hole, il buco nero. Stravolta sulla spalliera del divano. La animava solo un leggero ansimare che emetteva ad ogni botta. Alessandro la prendeva da dietro, con forza, e mentre pensava a quanto era forte e quanto era felice, le venne dentro. Gli spasimi lo mitragliarono fino a farlo accasciare sulla schiena della ragazza. Non sentiva più quella sensazione da qualche anno. Come se fosse stato imbattibile, imprendibile, un leone, un dio!
Si svaccò nudo sul divano in pelle. Indossava i soliti calzini blu, scesi. Si guardò in mezzo alle gambe e vide che il cazzo gli si rimpiccioliva dentro al preservativo. Lo osservò per un po', dopodiché lo sfilò e rimase ad osservarne il contenuto. Era andata. Si sentiva bene, leggero. Amava sua moglie Giulia, ma si convinse che una scappatella in tutti quegl'anni ci voleva, anzi gli spettava.
Dopo che si fu rivestito pensò a Lorena. La risistemò e la trascinò sul divano in pelle. La coprì con una coperta e andò a preparare un altro caffè. Lo fece forte. Ci buttò dentro due zolle di zucchero e un quarto di grammo di Speed. Cocaina e anfetamine. La indusse a berlo nell'incoscienza mentre tentava di svegliarla. Lei non si riprese del tutto, sembrava che fosse ancora dentro al vortice.
"Su Lorena, beva. Le farà bene, vedrà…"
Riuscì in qualche modo a rimetterla in piedi, la riaccompagnò a casa e si diresse verso casa sua. Mentre tornava pensò a quello che le avrebbe raccontato il giorno dopo. Una cazzata che fosse in qualche modo credibile. Appena fu tornato baciò sua moglie Giulia e le chiese che film davano sul satellite.
"…lo guarderemo stretti stretti". Le disse mentre si dirigeva verso il bagno.
Il giorno dopo era andato alla grande. La ragazza pareva stanca, ma tutto liscio per quanto lo riguardava. Così ci prese la mano. La drogava una volta a settimana. La cosa lo eccitava, ormai si sentiva sicuro. Ma fu proprio quella sicurezza che lo ingannò. Era la terza volta che lo faceva. Decise che voleva di più. Tirò fuori la vaselina e iniziò a passarla nell'ano della ragazza. Sentiva che era il massimo, ma non abbastanza. Sfilò il cazzo e piano piano si tolse il preservativo. Voleva sentirla, voleva la sua pelle, e la prese con voluttà. Quando sentì lo scattino stretto ebbe un fremito e non seppe trattenersi. Venne praticamente subito, ma si ritirò appena realizzato che aveva fatto una cazzata. Cercò di pulirla ma non poté fare nulla per la quantità di sperma che le era rimasto dentro. La svegliò nello stesso modo di sempre e la riportò a casa. Il giorno dopo lei non andò a lavoro.
Tentò di chiamarla tutto il giorno, e anche quello seguente, ma il telefono era sempre staccato. Alessandro iniziò a preoccuparsi ma non ci fu il tempo di cercare una soluzione, il giorno dopo ancora fu lei a farsi viva in ufficio, con sua moglie Giulia. Lei era seduta in un divano dell'anticamera, faceva dondolare le chiavi e lo guardava con disprezzo mentre lui fissava addolorato il viso di sua moglie. Voleva tanti soldi, e fu costretto a darglieli. Li aveva minacciati di denunciare il fatto. Non sembrava così affranta per ciò che aveva subito. Si era accorta da subito del giochetto di Alessandro e freddamente lo aveva lasciato fare. Nessuno pensa che una donna possa agire in quel modo. Era riuscita a fregare l'impostore. Non le interessava nient'altro che i soldi. Tutto il resto se lo sarebbero visti fra di loro, fra marito e moglie, nel frantumato idillio del loro vincolo coniugale.
Sua moglie Giulia lo osservava schifata, ma senza piangere. Da fuori traspariva solo il suo disgusto, ma era come se dentro le si fosse accartocciato il cuore. Le venne da vomitare, con un singulto corse verso il pianerottolo, e poi giù per le scale. Lui dietro di lei, rapido, e ancora incapace di pensare al rimedio per quel suo miserabile valzer criminale.

Rispondimi…
Potremo dire che la nostra storia inizia qui. Tutto ciò che è successo, tutto ciò che sappiamo, ha avuto luogo perché questa serie di eventi si è susseguita, come spesso capita, senza un senso. Dopo la tempesta, una calma apparente ha avvolto la vita di Alessandro e Giulia. La routine del lavoro, della casa, della spesa, poi le tasse e gli amici da evitare. Loro erano rimasti fissi, immobili, sempre e comunque davanti a quel fatto, pesante e grave sulle loro vite. Anche Piersilvio Fiore era sparito.
La mente di Giulia era rimasta in quella stanza, davanti alla zoccola che osservava divertita quel bastardo di suo marito. Mentre quella di Alessandro a pochi giorni prima, fra l'immagine del culo della ragazza e il rammarico per la cazzata che aveva combinato. Si separarono dopo quasi un anno, schiavi dei loro incubi, e incapaci di ricostruirsi una strada. Né da soli, né in comune.
In un tardo pomeriggio domenicale Giulia si era alzata dal letto. Non si reggeva nemmeno in piedi. Non mangiava dalla sera precedente. Ma lei si era alzata ugualmente e, dopo aver messo quattro cose in borsa, lo lasciò seduto in poltrona a rimbombarsi il cervello. Si lasciarono, è vero, ma come tutte le storie c'è sempre quell'elemento di follia che stravolge ogni cosa, piega qualsiasi forma di razionalità, e induce agli atti più inconsueti.
Non sapendo in che direzione dirigere le loro vite, decisero di trascinarsi appresso il peso della loro memoria. Con cieca coerenza riuscirono ad osservare, fedelmente, quel dettame che prevede di amarsi e onorarsi sempre. Ma scendere ancora più in basso fu la logica conseguenza di quel morirsi dentro.
Una volta alla settimana, con cadenza regolare, Giulia tornava da Alessandro, per continuare a consumarsi a vicenda e perdere ogni legame con la realtà. Una sola sera, il sabato, al quale seguiva una domenica di solitudine, nell'evocazione delle proprie miserie. Questo loro rispondersi non era privo di originalità. Lei arrivava in ufficio, profumata, in abito da sera, perfetta. Lui pulito, barba fatta, le si avvicinava in lacrime. La sfiorava. Lei lo schivava. Poi, per smorzare quel desiderio cosciente, lo faceva bere. Una pillola e non avrebbe ricordato niente. Black Hole, il buco nero.
Lo privava della sua volontà, ma sapeva ugualmente come farglielo venire su. Egoista cercava di godere di ciò che era e sarebbe dovuto rimanere suo per sempre. Lei, che aveva desiderato sempre e solo lui, che l'aveva amato, decise di portare avanti la sua ossessione fino alla fine. Per continuare ad onorarlo.
Alessandro non era più un uomo, senza spina dorale e schiacciato dai sensi di colpa, si era trasformato in qualcos'altro, ma nemmeno lui sapeva bene in cosa. Era rimasto impigliato nella rete dei suoi sbagli, schiavo della sadica vendetta di sua moglie. Quell'assurdo gioco che lo portava a desiderarla, ma senza arrivare ad averla. Almeno fino alla settimana successiva, quando lei sarebbe riapparsa nell'anticamera dell'ufficio e lui avrebbe cercato invano di riprenderla e riportarla a sé.

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