AFFRONTO
Eros Fratini
2493 battute

 
Fuori le stelle brillano fredde e imperturbabili; da qui, dalla stazione orbitante, le posso vedere risplendere senza distorsioni né sfarfallii. Le contemplo e le bramo, protendo i miei desideri mortali oltre l'abisso della notte, al di là della nostra breve e triste vita, al di là del tempo e dello spazio, oltre l'infinito, dove un giorno forse...  Un'ombra si avvicina. E'una nave, un cargo merci, che deve attraccare. Il codice di segnalazione è corretto, la facciamo avvicinare. Il mio compito sarà quello di controllare  il funzionamento dei portelli della camera stagna, quando l'equipaggio dovrà scendere. Ho ancora quindici minuti, mi faccio un caffè. La nave si libra silenziosa nel vuoto, in una perfetta manovra di avvicinamento. L'attracco riesce senza problemi, senza il minimo scossone. Richiediamo un riscontro visivo al capitano. Dagli altoparlanti non giunge risposta. I monitor rimangono neri. L'ufficiale radio insiste per alcuni minuti, ad intervalli di trenta secondi, come da regolamento. In otto minuti è pronta una squadra medica. Pressurizzo la camera stagna e apro il portello interno, entrano due tecnici e sbloccano manualmente il portellone del cargo. Il gruppo di soccorso fa irruzione, incuriositi ci avviciniamo al condotto. Silenzio per alcuni minuti. Un grido raggelante riecheggia dall'interno, e un barelliere esce barcollando coprendosi il volto. Ci gettiamo all'interno. I corridoi sono scuri, l'aria è viziata, opprimente, ogni luce sembra essere stata divelta. C'è molto caldo. Ci facciamo strada tra scaffalature rovesciate, resti di cibo, attrezzatura tecnica, cercando la via per il ponte di comando. Nessun segno di vita. Un'ultima svolta, poi una doppia porta scompare nelle pareti e ci troviamo nella vasta sala di pilotaggio. Gli uomini della squadra medica sembrano statue di sale, i volti pallidi coperti di sudore, due di loro stanno vomitando. Ci avviciniamo lentamente, con i nervi tesi allo spasimo. Seguo la direzione dei loro sguardi. Un baratro, ora mi sembra di precipitare in un baratro, in un incommensurabile abisso di orrore e delirio, trascinato da un vortice di follia, ghermito da mille artigli oscuri che mi trascinano sempre più giù, nell'oceano dell'orrore ancestrale, che non ha nome né volto. Distolgo lo sguardo solo un attimo, osservo lo spazio, oltre gli oblò. Ora le stelle brillano fulgide, direi rabbiose. Sembrano gli occhi feroci di mille demoni immortali, offesi dal nostro affronto, dalla nostra brama di eterno.