L'anno buono
Roberto Cerisano
2405 battute

05.05.2025 h. 16.49
Marco mi guarda e tace. Non riesce proprio a crederci. E io con lui. Lo guardo. Taccio. Fisso le immagini muoversi dall'olovisore e qualcosa sale dal fondo dello stomaco. Qualcosa che non so proprio dire. A certi fatti uno non è pronto e, faccio per dire, io e Marco abbiamo pure sessant'anni suonati.
Nel 1989 ne avevamo 24. Come 'sti ragazzetti che sentiamo urlare dagli olodiffusori urbani. Che anno fu quell'anno! Una data simbolo, una stella cometa che ci avrebbe condotti ad una nuova era. La società sembrava uscita da un tunnel, i cuori di tutti erano colmi di speranze e gli occhi di lacrime. Non è retorica! Dieci anni alla fine del millennio: un chiara cabala che volemmo leggere come buon auspicio. Fu invece il canto del cigno che rivelò, noi, delle cassandre. Dietro l'angolo, a farci pagare chissà quali colpe, gli anni bui che seguirono.
Poi, tutti bravi a dire che l'89 servì solo a per rompere certi equilibri interni alla società. Eliminata tutta una dirigenza che aveva fatto il suo tempo, in ossequio allo spirito globale dei tempi, si lasciò che gente estranea e straniera snaturasse il corpo sociale. E fu la rovina.
 
Marco mi sorride. Ha gli occhi lucidi.
Oggi, finalmente, molti giovani hanno potuto scendere in piazza, a farsi sentire. Dopo anni di silenzio. Non hanno idea di quello che significhi per gente come noi. Non hanno idea di quello che abbiamo passato. Quanti sono morti nel frattempo? Dopo trentacinque anni. Sono tanti trentacinque anni.
Negli anni novanta, anno dopo anno, un susseguirsi di disastri hanno falcidiato la meglio generazione che la società abbia mai prodotto. Fino alla crisi del 2002. Credo che pochi dimenticheranno il 2002. Io c'ero, a Roma. E fu l'ultima volta. Dopo qualcosa si spezzò e la disillusione che ne derivò, credo, ci temprò alle stagioni amare che ancora ci attendevano. Definitivamente morì il sogno dell'avvento di una società migliore, capace di esprimere valori tali da renderci orgogliosi. Né valsero episodiche azioni a ricostruire la dignità perduta. Abbiamo vissuto un lungo medioevo. Molti sono morti, moltissimi hanno tradito, i più hanno sofferto derive qualunquiste.
Sarà che dalle proprie ceneri gli è toccato anche alla Fenice di risorgere, sarà che pure il tempo e la statistica hanno lavorato per noi -e mica può dire sempre male- sarà quel che sarà, ma lo scudetto dell'Inter di quest'anno è fantascienza.