Cronodisastro
Alfredo Mogavero
2324 battute

Era un giorno come un altro sulla portaerei yankee Admira, almeno fino a quando le acque del Golfo del Messico non cominciarono a ribollire come un gigantesco minestrone e il cielo divenne una scarlatta fosforescenza squarciata da formidabili saette verdastre.
- Che cazzo succede? - abbaiò l'ammiraglio Werrington irrompendo nella sala comandi - Sembra che sia arrivato il fottuto Giudizio Universale là fuori!
- Non ne ho idea, signore. - balbettò un sottufficiale fissando alcune spie gialle sulla plancia che aveva davanti - La strumentazione pare impazzita.
- Che vuoi dire?
Il giovane si grattò la nuca.
- Sono spariti tutti i dati, signore. - disse - Siamo in navigazione cieca.
- Maledizione. Invia un s.o.s.
- Impossibile, signore, non funziona un cazzo.
In quel momento entrò un marine, trafelato.
- Ehm, signore - disse - c'è un galeone spagnolo del XVI secolo che si appresta ad abbordarci. Il capitano si è presentato come Hernan Cortéz il conquistatore.
- Porca vacca. - sputò l'ammiraglio - Una piega del tempo. Mi avevano parlato di questa roba, ma non avrei mai creduto di.Cristo!
Non poté finire la frase, perché la Admira vibrò come un frullatore acceso; gli spagnoli avevano deciso di fare la prima mossa, e si poteva giurare che a quella prima cannonata ne sarebbero seguite parecchie altre.
- Colate a picco quella merda! - Werrington era furioso - Levatamela dai coglioni ora!
Il marine lo tirò da una parte.
- Ma, signore, è vietato interferire con le pieghe temporali. - disse -  Lei sa che...
- Fanculo. - lo zittì l'ufficiale - Fuoco a volontà!
 
- Abbiamo fatto un casino. - stava spiegando il medico di bordo -  Affondando il galeone spagnolo abbiamo cambiato il corso degli eventi; Cortéz non ha sterminato gli aztechi e quelli sono proliferati fino a.
- Zitto. - ordinò Werrington - Zitto, perdio.
I suoi occhi erano rapiti e inorriditi, colmi fino all'orlo della scena che gli si stagliava davanti. L'Admira era in procinto di attraccare sulle coste messicane, ma invece della base navale ad aspettarla c'era una sconfinata distesa di piramidi squadrate costruite in vetro e metallo al di sopra delle quali si levavano macchine volanti dalle meccaniche ali membranose. Sul molo, vestito di un'armatura d'oro protetta da campi elettrici, stava arrivando Montezuma XXXV con tutta la sua delegazione di benvenuto.