Vite
Emiliano Vitelli
2484 battute

Successe una notte, mi ero appena infilato sotto le coperte, ma non mi addormentai. Cioè, si addormentò il mio corpo, ma non la mia mente che consapevolizzò l'istante dell'addormentamento ed in quella singolarità psico-temporale mi perdetti in un infinito di mondi. Passai degli attimi di destabilizzazione mentale e visiva. Colori fluorescenti e sovrapposte immagini si materializzarono fino a divenire una realtà che mi apparve tanto concreta quanto diversa.
Mi guardai intorno, non ero nella mia stanza, ma la mia compagna mi stava dormendo accanto con un'espressione tranquilla. Nel buio raggiunsi la sala di quella che non poteva essere casa mia, non erano le mie sedie, le mie finestre, le   mie porte. Mi sedetti a pensare sino a che un campanile non mi avvertì che erano le sette e che non ero arrivato a nessuna conclusione.
"Ti aspetto a pranzo", mi  urlò una voce, ancora impastata di sonno, dalla camera da letto. Simulai un sì, mi vestii, presi la mia borsa regalatami quando era diventato  avvocato ed uscii.
Io quella città la conoscevo bene, era Trapani, non c'era dubbio; come non v'era dubbio che molta gente che incrociavo mi salutava con benevolo rispetto ed amichevoli sorrisi. Camminai alcune ore senza una meta cercando di ricordare cosa fosse successo e perchè! Ma la mia mente ricordava solo quella prospettiva così assurda di vedere il mio corpo addormentarsi, mentre io continuo a pensare.
Così ragionando raggiungendo lo stradone della marine mi affacciai sulla banchina e, come un novello Corto Maltese, mi cacciai le mani nelle tasche per il freddo.
Due telefonini! Rimasi assorto a guardarli come se tenessi tra le mani due oggetti misteriosi, senza decidermi ad accenderli. Sentivo crescere una sensazione che difficilmente potevo spiegare, non era timore, ma una sorta di tensione emotiva.
Accesi il primo, muto. Passò qualche minuto ed accesi il secondo: dieci secondi e cominciò a squillare, ma, gelato da quella tensione, non risposi. Quattro telefonate da numeri sconosciuti, poi alla quinta risposi: "Pronto?". Una voce affannata all'altro capo urlò: "Giudice, ma cosa è successo dov'è f..". La frase non si concluse.
Capii di essere stato catapultato in un universo ucronico della mia vita, ma nel momento stesso in cui consapevolizzai questo dato una forza violenta mi risucchiò via.
Sentii il mio corpo irrigidirsi e le mani avere uno scatto nervoso tentando di afferrare qualcosa su cui ero disteso: era il mio letto.
Ero a casa, ero di nuovo avvocato.