Io e mio fratello
Marcellino Iovino
2377 battute

- Marco, Simone è tuo fratello!
Ci sono delle volte, nella vita, in cui pur senza sapere una cosa ce la sentiamo addosso, come se fosse una cosa scontata. Io e Simone ci conoscevamo da piccoli, giacchè coetanei. Lui, figlio unico della signora Giulia, abitava il piano sotto al nostro. Lo vidi per la prima volta in una calda mattina di luglio. Timido, impacciato; chissà da dove tirò fuori il coraggio per chiedere di giocare a pallone con me e con gli altri ragazzini del palazzo. Da quel giorno tra me e Simone iniziò una grande amicizia. Una di quelle, poche, che durano una vita. Da quel giorno non ci separammo più. Scegliemmo di frequentare la stessa scuola elementare, la stessa scuola media, lo stesso liceo e la stessa facoltà universitaria. In seguito mancava poco che sposassimo perfino la stessa donna… Quanti ricordi, quante emozioni, quanti momenti felici passati insieme. Come quella volta, al liceo, quando marinammo la scuola e scappammo a bordo del mio motorino, mentre i nostri genitori quasi impazzivano nel cercarci. In trent’anni di vita passati con Simone, conoscevamo tutto o quasi l’uno dell’altro. Dico quasi perché di lui una cosa non conoscevo: il padre. Tante volte nei nostri discorsi saltava fuori questa parola, e ogni volta lui chinava il capo e cercava di cambiare discorso. Un giorno, avevo dodici anni, non potei più risparmiargli la fatidica domanda:
- Simone, perché tua madre vive sola? Dov’è tuo padre? Egli si fece cupo in volto e disse:
- Mia madre dice che è un marinaio, e i marinai stanno anche tanti anni lontano dai propri figli. Sai ogni tanto mi scrive…
Io lo sapevo che questo non era vero, che i marinai ogni tanto tornano, ma non gli dissi nulla. Pensai, però che siccome non aveva un padre, né un fratello, di qualcuno vicino ne aveva bisogno. Da allora diventò mio fratello adottivo; cioè io non lo chiamavo più Simone, ma fratello e viceversa.
Anni dopo, sul letto di morte, mio padre ci chiamò per dire a Simone che l’ignoto marinaio era lui, e a me per dire che Simone era veramente mio fratello. Poi implorò il perdono di entrambi. Io lo compatii all’istante.
- No, non posso dimenticare il male che il vecchio ha fatto a me e a mia madre -, disse Simone mentre lasciavamo papà, - ma tra noi, questo non cambia nulla, FRATELLO!
Ci abbracciammo, per l’ennesima volta, come facevamo ormai da anni.