GIALLOFASCIO
I Maestri del Curtatone e Montanara
Antonio Pennacchi
2496 battute

Nessuno sapeva che sotto i muri bianchi dell'aula magna del Curtatone e Montanara - quell'aula sorda e grigia in cui generazioni di studenti s'erano rotti le palle - ci fossero degli affreschi. Se ne era accorto Amilcare Neri - un erudito che passava gli anni della sua pensione scartabellando faldoni nell'archivio di Stato - da una vecchia e scolorita dichiarazione di tali Carloni e Peludà, già professori di disegno nell'Istituto di cui sopra e morti e sepolti da chissà quando. Amilcare Neri lo aveva detto a un amico suo, e poi non ci aveva più pensato. Questo lo aveva ridetto a un altro - un editore e mercante d'arte - e insieme erano andati là, a grattare il bianco della tempera per vedere se fosse vero. Era vero: "Oddio gli affreschi".
Corrono dal direttore dell'archivio, dal preside e dai politici e si mettono a scrostare - a macchia di leopardo - tutti i muri per vedere che è. Era un grande ciclo, che abbracciava l'intera aula celebrando il passato regime, la bonifica delle paludi e la fondazione della città. C'era un enorme Duce e poi Balbo, Starace, Marconi, Alighieri e tutti gli altri. Erano un po' troppo grossi, è vero - ingessati, quasi - e Michelangelo aveva un mento che sembrava Totò, però erano un capolavoro evidente, che doveva essere stato ricoperto solo per preclusione politica: "E' un'ingiustizia, un'infamia, damnatio memoriae", cominciarono a strillare: "Bisogna restaurarli". E così fecero, spendendo giustamente un sacco di soldi pubblici. L'editore allestì un libro - I Maestri del Curtatone e Montanara - che guadagnò subito la ribalta nazionale, e si mise a cercare altre eventuali opere dei suddetti Carloni e Peludà. Non trovandole, le fece lui - acquerelli e stampe a iosa - mettendole man mano sul mercato.
Il restauro andò avanti mesi, mentre Amilcare Neri, nulla sapendo, continuava a scartabellare in archivio. Un giorno gli arriva l'invito alla solenne inaugurazione del restauro. Lui ci va, ascolta la prolusione "Ridati alla luce i Maestri oscurati" e s'alza timido timido a dire: "Nel documento che ho trovato io però, a dire il vero, c'era scritto che è stato il Duce a farli ricoprire. Appena li ha visti, entrato dalla porta, ha strillato: «Ma chi so' sti cani? Mandateli al confino»".
Mo' tu dici che è un caso che quella sera stessa Amilcare Neri, mentre tornava a casa, un pirata della strada l'ha ficcato sotto? Morto lui, di quel documento non s'è saputo più nulla e un disegno di Carloni e Peludà vale adesso quasi come un Picasso.