Sapori antichi
Marco Berrettini
2500 battute

Tolgo la pentola dalla placca a neutrini muonici appena in tempo per salvare il soffritto di gardenie e squame di corifena, un lieve filo luminoso di fumo violastro si alza obliquamente e si conforma in strale. Ondeggia per un nano secondo, indeciso sul proprio futuro, poi implode elidendosi in un nulla. Salvo!
Clamia non si è accorta di niente, dorme beata, accoccolata sul pomello destro del catamarano notturno.
Le scariche di adrenalina si diradano, le sei alogene collegate al mio sistema ortosimpatico sono incandescenti e, a questo punto, posso usarle per cuocere la misticanza di cereali.
Lo diceva sempre mia zia, nel lontano trentaduesimo secolo, “Per ogni falla c’è una palla!”
A quell’epoca ero ancora un proto-androformante e mi nutrivo solo di stami liofilizzati e purea di cucurbitacee.
Non mi sarei mai immaginato di ritrovarmi qui, nella notte del terzo capodanno del 5028, in panico per una cena galante a base di tortino 6C, clafoutis di sguazzanti e pignole in bellavista.
Clamia geme in sogno e il suo lieve ululio, mi riporta alla corteccia le sensazioni di piacere mai placato che, questa notte, a tutti i costi, soddisferò.
Stappo una bottiglia del miglior Cau Margiòn che esista sul pianeta, mi è costato una settimana di omicidi a mano libera, verso sette gocce di nettare su una zolletta di potassio d’albicocca, ne inalo i vapori e mi sento già più tonico.
Controllo il vano salamandra, verifico la tostatura dell’impasto, mi sembra tutto perfetto.
Aggiungo qualche petalo di gardenia fresco, spolvero macinando coriandolo, kummel, kalonji e polvere di anardana; le carni della lampuga sono al dente e l’orizzonte sta virando al ceruleo.
Tintinno sui bicchieri in ZrSiO4 con il coltello d’argento, le vibrazioni, morbidamente, riportano alla quotidianità di M86 il dolce cerebro di Clamia.
Lei s’infila l’esoscheletro e mi sorride telepaticamente.
Gioia!
Le incero il gradino d’ebano e la lascio accomodare ergonomicamente, le porgo una zolletta imbevuta e verso acqua, lasciata sterilizzare diciotto ore in una fiala di plastica esposta alle radiazioni di una comune stella G2.
Dispongo sul desco i miei elaborati commestibili, mi siedo all’altro capo e sorrido in attesa di un suo cenno, ma mi distraggo e, innavertitamente, materializzo la visione del mio più recondito sogno.
Clamia si alza di scatto, incenerisce le vivande e, con disprezzo, svanisce teletrasportandosi .
Bestemmio.
Lo so è da depravati, ma ho sempre desiderato conoscere l’antico sapore di cervella impanata.