Tubetty
Renato Chiocca
2500 battute

Fame, fame, fame. Mangio un tubo per la fame. Un tubo di vetro, con niente dentro. Vittima di un tradimento. Non ce la faccio più. Devo trovare il modo di riempirlo. Il vuoto. Il vuoto del tubo. Il vuoto di stomaco. Decido di uscire. Non decido. Esco. Prendo la bici. Forse per amor del telaio o forse perché a febbraio ci si intuba giù in città. Esco a mangiar qualcosa. Non so cosa, quanto meno la città. Nemmeno a farlo apposta, appena scendo in strada, mi tagliano la strada. Ci casco dentro. Nel vuoto della strada. Grido forte, con sgomento. La bici cade. E in un momento mi appendo a stento a un tubo di scappamento. Pfiu!
Mi tirano su. Anzi mi tira su. Fusilli per capelli, olive per pupille, labbra pomodoro. Capperi! La bacio e fuggo. Friggo dal timor di ricascarci ancor. Dalla padella alla brace. Correndo correndo m’ imbatto in un’ amica dall’alito distratto. Anche lei in passato mi ha scottato. Meglio un’insalata che un’ amara limonata. Continuo a ritmo di maionese. Al giallo del semaforo schivo il rosso, saltello a più non posso e finisco in altalena. Sento appena la sirena della fabbrica suonar. Su e giù, su e giù, e ancora su e giù. Penso alla mensa. Gli amici, loro, il lavoro. Casco ancora, ma stavolta niente, nessuno mi sente. Quell’ epoca é passata, manca sempre un po’ di sale.
Basta sale. Il mondo sciapo, dicono, è meglio, soprattutto se senz’ aglio. E senza acciughe, quelle proprio non le soffro. Mi offro ad occhi chiusi per terra all’ altalena. Li apro di scatto, mi rialzo. Vedo tutto.
Forse troppo. Un miraggio. Inseguo ingenuo una forma di formaggio. Rotolando rotolando rotolando, fa toc toc alla porta di un rifugio. Brr fa freddo! Meglio approfittar del caldo dentro! Entro. Profumo morbido e vapore. Tutto riporta a quell’ odore, a quel piatto che, da bambino dopo pianto, era l’ unica cosa che mi piaceva tanto. E poi una donna, che cucina lentamente, senza grilli per la testa ma che, ad ogni festa, litri di vino da sola riesce a ber. Siediti, mi dice, riposati. Hai mangiato? Fin troppo, le rispondo, ma la fame è sempre tanta. Basta che a saziarti non sia tutto, mi dice scolando pasta nel lavello. Tu che prepari? Non una ricetta nuova: tubetti cacio e uova. Sorrido e le domando, e tu? Come ti chiami? Mi risponde. Mi siedo e mangio. Fino in fondo. Finalmente.
Boop! E anche di lei non resta niente. Solo il nome mi è rimasto. Regina inglese. Cartoon americano. Diminutivo vocativo scritto a tavola come titolo di un racconto raccontato a mo’ di favola.