A carponi sul prato
Donatella Franceschi
2347 battute

Mi hai lasciata a carponi sul prato.
Sono rimasta spiazzata dalle tue parole incoerenti, e me ne sono restata lì in quella posizione contorta a fissarti come se mi fossi estraneo.
Hai masticato parole sconnesse.
Hai detto , hai detto no e hai aggiunto forse.
E poi forse e e ancora no.
Solo no.
Mi parlavi di una scommessa e poi ridevi e ti scompigliavi i capelli con fare sicuro.
Nessun sentimento; di nessuna forma e di dubbia natura.
Nessun filo che ci tenga legati. Niente.
Solo trappole e trabocchetti lungo la strada.
Solo falsità e menzogne mi erano state dette.
Poi hai continuato a girare attorno alle medesime frasi giocando a renderle contorte, a plasmarle ogni volta in modo differente.
Mi hai torturato con le parole, sempre le stesse, ti sei baloccato con i loro significati come vecchi giocattoli.
E dov’è ora l’amore?
E’ impallidito al soffiare del vento.
E cos’è ora l’amore?
Se non la menzogna di un sentimento.
E questo sentimento tu me lo hai rubato, lo hai tenuto tra le mani per lungo tempo e ne hai fatto ciò che più ti piaceva.
E adesso, infine, me lo rendi come qualcosa di cui disfarsi; appesantito e dolorante.
“Non mi piaci…”
“… gioco…”
“... scommessa…”
“…vinto!”
Vinto.
Vittoria.
Vincitore.
Sentivo le tue parole a strani intervalli; non capivo, non mi capacitavo e ciò che afferravo erano solo stralci, filamenti sfilacciati di significati.
Non volevo capire e tutto quello che mi avevi detto affrettava il passo nella mia mente, entrava a passo di carica, squarciava, picchiava e feriva i ricordi.
Allora, mi sentii quasi mancare quando ti vidi sorridere soddisfatto.
Scommessa.
Vincitore.
Hai sorriso e ti sei alzato.
“Non dici niente?”
Mi hai chiesto curioso, gli occhi sottili.
Avevo la gola rattrappita e volsi lo sguardo altrove.
Non avevo né forza, né volontà, né parole, né tanto meno saliva.
Tutto era prosciugato.
Poi sentii i tuoi passi allontanarsi.
Allora, non so perché né come, mi mossi repentinamente verso la tua ombra e mi ritrovai in una buffa posizione, come se a ginocchioni, con le lacrime che rendevano bagnata la vista, ti potessi correre dietro.
Volevo chiamare.
Volevo gridare.
Volevo correrti dietro.
Volevo tirarti per un braccio e impedirti di andartene.
Ma non feci nulla di tutto ciò e semplicemente rimasi dov’ero, a carponi sul parto.
Le mani contratte ad afferrare qualcosa.
E quella grande e vuota bugia a pesarmi dentro.