La ciabatta della sinistra
A guardarlo quasi mi sono schiantato. Un piedino liscio, senza eccesso di vene ma nemmeno troppo piatto, non più lungo di un trentotto, dorato dall’abbronzatura ma con le unghie appena appena più chiare. Niente tracce di smalto, s’intende, roba da uccidere l’ispirazione del più indulgente degli amatori, specie se di quel rosso plasticoso che vorrebbe eccitare ma fa solo innervosire. Ho frenato in tempo solo perché ho visto il suo piede, perfettamente calzato in un’infradito e parallelo alla pedana dello scooter a cui era appoggiato, smettere bruscamente di marciarmi affiancato . Non infilarsi sotto al camion fermo al rosso è stato un attimo. Lì per lì l’ho persa, Manuela, che ho voluto chiamare così per via di quei capelli ricci che le scendevano dal casco e mi sapevano di Manuela. Al verde io ho tirato dritto mentre lei ha svoltato in una vietta.
incazzato come una vespa in un bicchiere. Uscendo dalla zona industriale vedo Manuela per terra, scomposta e immobile sotto lo scooter. Nessuno in vista. Accosto e volo fuori dall’auto in un gesto solo, mi avvicino per il tempo che mi serve a fare quel che ho in mente, poi chiamo un’ambulanza.
morbida, scavata dalla pianta del piede. Non so se sono suggestionato, ma quando la fletto e me l’annuso
sembra ancora impregnata di sudore |