Bazooka L’autista è nell’abitacolo, come pure il fuciliere. Siamo a pochi chilometri da Kabul e dobbiamo aspettare dei soldati canadesi, per spostarci con loro nel Sud del paese. Si è fatto giorno da poco e una sottile cortina di luce rischiara le colline sassose; sembrano montagne di detriti, messe a nascondere i campi di papavero. Dei soldati afghani sbucano all’improvviso da dietro una curva, sfrecciano veloci sui loro pick up e imbracciano dei bazooka. Sparano all’impazzata. Mi giro in fretta, ma non faccio in tempo a risalire sul Puma, così la mia mitragliatrice rimane muta e fischiano solo i proiettili sparati dal fuciliere. Poi mi stropiccio gli occhi perché il tenente mi si è buttato sopra e mi ha fatto sbattere la faccia nella polvere. La strada in un attimo è piena di buche. In mezzo a quei piccoli crateri, nella polvere scura, i corpi brutti e lividi dei soldati morti sembrano le pietre dure di un monile da quattro soldi. Quando usciamo strisciando da sotto il convoglio, capiamo che ci siamo solo noi due, gli altri sono tutti morti.
Allora afferriamo le salme, una pietra a testa, e le adagiamo su una striscia d’erba, in fila una all’altra. |