Un racconto di guerra... civile
Dante Taddia
2462 battute

 
1971. In Uganda ci ero andato per lavoro. Era il paradiso per me.
Giovane, il lavoro mi piaceva e guadagnavo bene. Pensando ai colleghi in Italia ero quasi un riccone paragonando lo stipendio con quello dell’Università come assistente.
Certo non stavo a Roma e la sera nei piccoli bar del bush c’erano solo delle piacenti bamboline color ebano. L’avorio era difficile da trovare e poi stranamente in Africa l’avorio non è mai di buona qualità come l’ebano. Le turiste, l’avorio, le chiare cioè erano sempre segaligne e single, che erano lì per un solo motivo turistico: il fascino di un ebano, che volevano gustare fino in fondo.
Comunque quella sera c’era un po’ di agitazione. Parlavano in swahili, inglese, busoga, baganda, insomma un potpourri di lingue e dialetti. Chiedo al mio autista. Mi dice: “Masta, lez go”.
Senza aggiungere altro mi spinge verso l’uscita. La landrover parte come un razzo e Michel mi spiega che ci sono movimenti strani, che Obote... Amin... per me solo nomi, e che quella notte, meglio rientrare. Sarebbe iniziata una guerra civile.
“Ma noi siamo bianchi, cosa c’entriamo?” Faccio io.
“Masta, in de nait oll are blek”.
Rientriamo al campo. Durante la notte si sente qualche sparo isolato, ma non gli do peso e l’ebano che mi sta facendo compagnia dice che è tutto ok. Anche per me lo è: brava bambolina tutto ok, moooltooo ok.
E’ mattina: Michel e la Landrover sono pronti e inizio il mio giro d’ispezione. Dopo qualche miglio, sulla strada un albero di traverso. Siamo fermi. Il clackclack di un vecchio Enfield ci fa capire che dobbiamo scendere. “Per me si possono prendere tutte le LR che vogliono” e faccio per replicare. Michel mi fa segno di tacere. Ci mettono tutti e due di fronte a un albero. Tanto una volta bisogna pure andare a trovare il padreterno, penso. C’è chi lo fa da un letto d’ospedale, chi alla guida di una macchina, e chi nel bush per mano di un quasi ribelle. Abbiamo paura.
Restiamo immobili.
Mi rivolgo in swahili al possessore del fucile: “Stai attento, puoi scivolare”.
Mi guarda, fa mezzo passo in avanti e scivola pesantemente a terra. Si rialza, ci guarda.
Michel, indicando me, aggiunge: “Lui grande stregone, prevede futuro”.
E quello fugge terrorizzato.
“Masta, come sapevi che scivolava?”
“Perché a terra c’era il nostro coraggio!”.
Andiamo a raccontare l’avventura al bar.Rientrando al campo vediamo lungo la strada, non per effetto della birra, più di mille cadaveri.La guerra civile era iniziata.