Si spalmavano sulla faccia i colori mimetici. Stavano fuori nel piazzale, vicino le camionette. Il sole era caldo, alcuni avevano tolto la casacca e la lavavano stendendola sui cespugli al sole, vedevo le loro schiene. Li vedevo dal vetro rotto. Stavamo in una stanza quadrata, su una parete la finestra, dal lato opposto la porta. Non potevamo uscire, entravano loro quando volevano, in cinque o sei. Eravamo lì da mesi, più di un anno. Sono nati dei bambini, li aiutammo a venire alla luce. Le madri stremate non riuscivano a spingerli fuori. I primi cercammo di nasconderli, di tenerceli. Quelli tiravano e percuotevano con le armi, li abbiamo lasciati, li avrebbero strappati.
I cani, li sentimmo distinti, Dio.
Bestie, che poterono fare.
Fu istinto il nostro. I nuovi non furono nemmeno puliti, scaldati, ce li passammo tenendo loro premuta una mano sul viso. Quelli entravano e facevano l’inferno. Come i cani alcuni, si sfregavano contro quelle piccole carogne, era la loro vendetta contro la nostra misera pietà senza lacrime.
Bestie quelli. E’la guerra si diceva.
Lisciando la pancia tesa, pregavo bestemmiavo:
- Che tutto finisca presto -.
- Che finisca per Dio! -