Inferno al tramonto
Luigi Brasili
2499 battute

 
  La luce del sole asfittico tendeva fili d’oro falso, rosso sangue, sul piazzale spazzato dal vento gelido, sopra l’acciaio dei tetti, sui fucili sporgenti dalle finestre buie.
  Oltre il sibilo rabbioso del vento, il silenzio regnava ovunque; anche nelle stanze dei due avversari, che attendevano trepidanti l’ultimo rigurgito del sole.
  Vlad e George agognavano ansiosi il momento più bello, quando il sangue del cielo si fonde con quello della terra.
  Osservavano rapiti le immagini desolate sui monitor; la quiete prima della tempesta.
  Avevano preparato con cura le rispettive strategie.
  Vlad s’era affidato alla squadriglia dei suoi temibili mitragliatori; dopo il bombardamento delle linee nemiche, sarebbero stati loro l’asso nella manica.
  George contava sulla velocità degli incursori e sulla manovra d’accerchiamento provata e riprovata.
  Appena il cielo si colorò di viola, il silenzio passò la mano alle armi; case e piazzale s’accesero come nemmeno la luce di mille soli avrebbe potuto fare.
  Le esplosioni si susseguirono a lungo, il piazzale divenne un gigantesco concerto di musica monocorde.
  Poi calò il silenzio, solo pochi istanti di finta quiete.
  Al via degli ufficiali, i soldati uscirono dai ripari e sciamarono sulla piazza intrisa di polvere e fumo, affrontandosi nello scontro finale.
  Urla di rabbia, morte e terrore.
  Dopo, giunse la fine.

  Vlad e George uscirono dai loro rifugi per contare i caduti; il naso coperto da un fazzoletto, scavalcarono centinaia di carcasse di pelle artificiale, scoppiettanti di verde, blu e rosso nei punti in cui il fuoco aveva colpito.
  Vlad imprecò.
  “Hai vinto per due sole unità…” disse porgendo la mano all’avversario.
  Osservarono i robot spazzini gettare nella discarica gli androidi distrutti, poi ordinarono ai pochi soldati rimasti di autoripararsi i danni e preparare la battaglia per l’indomani.
  Quando la piazza fu del tutto sgombra, i due comandanti zoppicarono verso casa, sotto un cielo nero e immobile, orfano di stelle, di vento e di vita.
  “Certo, con gli esseri umani era più divertente”, biascicò George.
  “Era meglio tenerne da parte qualcuno per i giorni di festa…” annuì Vlad, sconsolato.
  George lo fissò: “Hai ragione, ma c’è da pazientare solo un po’… i bambini nella serra presto potranno combattere…”
  “E’ vero… ma quanto tempo ci resta?” domandò Vlad, la voce affaticata, la bocca distorta in una tempesta di rughe.
  George si fermò lasciandolo passare.
  “Non lo so… ma ripensandoci, domani vinco io di certo” rise, puntandogli la pistola alla schiena.