Tutti invitati
dottorcaligari
2500 battute

 
I cecchini sono ovunque. Non puoi muovere un passo là fuori, senza trovarti al centro di un mirino. Non sappiamo da dove vengano. Bande di malavitosi, un esercito mercenario, alieni da altri pianeti. Nessuno li ha visti in faccia, ognuno ha una teoria su di loro. Ombre armate, dalla mira infallibile, appostate dietro ogni spigolo. Chi metta piede fuori casa, anche solo per arrendersi, non viene perdonato. Ricordo mesi fa la sera in cui comparvero. Ne parlarono alla televisione. A cadere, lungo i marciapiedi della città, era stata gente qualunque. Si pensava a qualche folle isolato, si confidava nell’intervento della polizia. Meno di un’ora dopo, il blackout generale. E noi che ascoltavamo terrei i primi spari esplodere nel quartiere.

Dentro casa è il solo posto sicuro. Colpiscono solo chi si affaccia all’esterno. Ciò li rende ancora più crudeli: attendono che sia la fame a sfinirci; godono nel vederci impazzire uno alla volta. A cosa si è ridotta la nostra vita: strisciare nella polvere, rasentare pareti, scansare porte e finestre, improvvisare ogni genere di barriera. Abitiamo il buio, respiriamo aria viziata. L’acqua continua a uscire dai rubinetti, ma non abbiamo cibo da settimane. Evitiamo di guardarci negli occhi. Pensiamo il meno possibile. Ci limitiamo a risparmiare le forze. A ignorare la fame. Che fa urlare i muscoli. Che fa veder cose.

È il giorno del mio matrimonio. Sono in ritardo. La chiesa è piena di gente, quando arrivo trafelato. La corsa fin qui è stata una danza indiavolata tra le raffiche dei fucili. I miei passi leggeri, i balzi, le piroette sono riusciti a disorientarli. Raggiungo l’altare fra risate e grida d’incoraggiamento, giusto in tempo per dire la mia sola battuta. Segue un tripudio per organo e voci bianche, seguono lacrime e battimani. Sotto una pioggia di fiori e chicchi di riso, io e la mia signora ci ritroviamo sul sagrato, dove l’auto ci aspetta. È un esemplare magnifico: cingoli al posto delle ruote, un cannone puntato verso il futuro. Mia moglie ha scelto un elmetto per bouquet: se lo calca bene in testa, mentre mi prega di salire ai comandi. Partiamo: parenti e amici ci vengono dietro schiamazzanti, il bicchiere in mano. Flash immortalano l’avanzata del carro. I proiettili dei cecchini rimbalzano sulla carrozzeria, senza scalfirla. Rispondiamo al fuoco spavaldi. Dove passiamo, la gente esce allo scoperto, stropicciandosi gli occhi. Sì, urla mia moglie, reggendosi l’elmetto. Venite, non abbiate paura. Siete tutti invitati.