Lettera dal fronte
Nadia Turriziani
2495 battute

 
Carissima Irene,
troppe volte ho provato e riprovato a scrivere questa lettera senza mai riuscire nel mio intento. Oggi piove e, per la prima volta in sei mesi, dal cielo cade solo acqua e non fuoco e morte.
Dopo giorni di fragori ed urla, attorno a noi solo il silenzio, interrotto a momenti, dal lamento dei nostri amici soldati che feriti e sanguinanti, sdraiati nel fango e al freddo, ci ricordano che siamo fortunatamente ancora vivi.
Il medico ed il parroco militare non hanno potuto raggiungere la nostra postazione di fortuna e le uniche medicazioni che siamo riusciti a fare loro, sono state fatte con acqua sporca e stracci putridi di sudore.
La fame, la sete e la stanchezza stanno prendendo il sopravvento sull’entusiasmo che avevamo al momento in cui abbiamo intrapreso questa difficile impresa ed il desiderio di vederti si sta facendo sempre più opprimente.
Mi manca il tuo odore, il tuo calore, la tua voce.
Qui pervade solo l’odore della Morte…
L’odore della Disperazione…
  - “Comandante Vinci, il soldato Gizzi ed il soldato Candò stanno peggiorando. Non riusciamo a fermare le emorragie in nessun modo.”
  - “Usate delle pezze pulite, disinfettate le ferite con la grappa che vi è rimasta e speriamo nell’aiuto del buon Dio.”
La situazione qui peggiora di momento in momento e l’impotenza di aiutare questi ragazzi giovani e doloranti mi strazia il cuore. Non posso fare niente in più di quello che sto già facendo e ti assicuro che è troppo poco.
  - “Comandante, mi scusi, non abbiamo più acqua potabile e le gallette non sono sufficienti per tutti.”
  - “Ci arrangeremo. Troveremo il modo di sfamare i miei ragazzi. Raccogliete e cucinate delle erbe selvatiche, fate qualcosa…”
Mia cara, non so più come difendere i miei ragazzi. Alcuni di loro hanno solo 16 anni, il più grande solo 25. Potrebbero essere tutti figli miei ed io non sono capace di sfamarli, dissetarli e cosa più grave di medicarli. Solo ieri l’altro siamo stati costretti ad amputare una gamba ad un ragazzo di soli 17 anni, in condizioni disumane, usando attrezzi antiquati. Avrei voglia di piangere con loro e per loro…mi accorgo però di non avere più lacrime, di non avere più forza alcuna. L’unico sollievo a questa tortura e il ricordo dei nostri cari. Solo chi come me ha avuto la fortuna di vedersi salvate le foto con le quali siamo partiti ha maggiore conforto. Alcuni si aggrappano solamente a dei ricordi lontani, a delle sensazioni ormai sopite e sui loro volti si legge la sofferenza e la tristezza.
Pensami.