Patria
Marco Ferrari
2454 battute

 
Da diversi mesi il tenente Alan Sands viveva in territorio ostile dopo l’abbattimento del suo caccia. Una famiglia di contadini l’aveva raccolto ancora appeso ad un albero del podere, nascondendolo dentro il fienile. Degli uomini armati vestiti come briganti l’avevano poi trasferito in un capanno al margine della pineta: partigiani. Cambiava spesso rifugio, contando sulla fitta rete di complicità di cui godeva la Resistenza. Un pilota d’aviazione conosce il rischio d’essere linciato dalla folla o consegnato ad aguzzini disposti a tutto pur di strappargli informazioni, ma l’accoglienza ricevuta aveva sconvolto il suo modo pensare.
Odiava gli italiani, con tutto l’animo. Aveva maledetto quei criminali combattuti in Africa: avevano annientato con i gas centinaia di villaggi, avvelenato i pozzi delle oasi, bruciato i raccolti, abbattuto milioni di capi di bestiame e decimato intere popolazioni rinchiuse in campi di concentramento nel deserto. Il comando inglese aveva compilato una lista con un migliaio di italiani da processare macchiatisi di crimini di guerra dalla Russia alla Grecia, dall’Africa alla Yugoslavia, ma in cuor suo sperava finissero all’inferno ben prima. Ora però altri italiani rischiavano la vita per proteggerlo: potevano aspettare che con la primavera l’VIIIa Armata britannica e la Va americana sfondassero il vacillante fronte tedesco protetto solo dalle acque limacciose dei fiumi romagnoli in piena in quel terribile inverno del 1944, e invece si azzardavano a battagliare addirittura in pianura, tanto erano animati dal desiderio di libertà!
Contro un nemico feroce spalleggiato da spietati collaborazionisti opponevano l’ostinazione di una popolazione esasperata, contro i carri armati nazisti e i plotoni di esecuzione delle camicie nere ostentavano un grande coraggio.
“Io che appena chiudo gli occhi sento il suono delle cornamuse del Donegal e il profumo della birra scura, ho sentito quella terra paludosa altrettanto Patria della mia amata Irlanda e per quella gente avrei sacrificato la mia vita.”
Con queste parole il tenente Sands si giustificò ai suoi superiori all’indomani della liberazione di Ravenna. Diversamente da tanti altri compagni dispersi oltre le linee nemiche, non s’era imbarcato nottetempo per raggiungere le spiagge a sud controllate dagli alleati. Aveva sposato la causa di chi non poteva sopportare altra tirannia e ne aveva condiviso rischi, ansie, sogni e finalmente la gioia più grande.