Pieghe nel tempo Anni fa, eravamo a cena, forse ispirato dal vino, il mio compagno tirò fuori una storia accaduta in un villaggio sudamericano. Raccontò di quando fu ospite di una famiglia da cui si presentò un vecchio che voleva per se una delle giovani figlie in cambio di una grossa cintura ricamata con monete d’oro, il vecchio fu scacciato malamente. Pare che quella stessa notte una mano brutale ma silenziosa, con piedi leggerissimi da non lasciar traccia, portò terrore e morte in quella casa. La mattina chi accorse, fuori dalla porta sparpagliate ovunque nella corte, trovò ossa umane. Nel paese si disse poi -Ossa di uno sciamano Incas-
Così dicendo, estrasse dalla giacca una cintura. Quella dello sciamano.
Sorridendo guardò ognuno negli occhi e il suo sorriso mi parve assumere la rigidezza di una maschera. Con un largo gesto fece un inchino e mi porse la cintura, mi parlò in una lingua antica che non conoscevo, il senso delle parole però fu chiaro. Il suo fiato caldo e alcolico vicino alla mia bocca, gli occhi insistenti tra bocca e seni.
Una fredda inquietudine sembrò scendermi addosso.
Quella notte al sonno si sostituirono i sogni. Iniziò un lungo viaggio. Entrai in case diverse, abitate da persone sconosciute.
In una stanza a mezza luce, vidi un uomo in terra scosso dal pianto, di istinto corsi ad abbracciarlo, riconobbi mio fratello.
Allora capii che in quelle realtà, per ciascuna di quelle persone io ero una presenza familiare. Fu come se quella notte nel tempo si fossero create delle pieghe.
Poi, venni rapita, presa per mano ed accompagnata in una povera casa dal pavimento di terra.
Tutti dormono. Un uomo si avvicina ai letti, solleva un grosso coltello guardandomi con un sorriso rigido che sembra una maschera. Non posso urlare, la paura ha congelato la mia voce in qualche punto imprecisato, guardo senza fare nulla.
Quel volto maligno ride. Sento il Male salire freddo dalla terra.
Chiudo gli occhi, voglio uscire da quest’angoscia cadere in un altro sogno.
Tossisco forte per far uscire il gelo e aspirare l’aria, farla passare di nuovo in gola fino ai polmoni.
Urlo.
E’ una violenza aprire gli occhi, guardare.
Dappertutto in terra, le ossa di un vecchio cimitero. Sento un flebile calore al cuore. Tutti, abbiamo avuto una seconda possibilità.
Ogni luogo è vivo e come per una persona, assorbe quello che risuona nelle ossa, elabora. Sceglie quello che vuol far vivere il resto lo espelle come tossine.
Mi risveglio in quella che è la mia tana, la mia coperta, la mia pelle alla rovescia.
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