Tutto è nero, forse
Alberto Bolognesi
2478 battute

A volte c’è un inizio, a volte solo una fine. Io ricordo solo quello che oscilla tra i due estremi.
E’ bastata una notte. Un albergo. Un piccolo chalet di legno. Ero l’unico cameriere di quest’albero intagliato in mezzo alle montagne alpine. Mi stesi sul letto. Stanco. Fissavo il muro di fronte.
Cominciai a cedere alle lusinghe del sonno. Lunghe pause in cui le palpebre chiedevano riparo dalla luce e dalle ombre dei miei pensieri. Un sorso d’acqua e valium, valium e acqua, come il ritornello biascicato di una ninna nanna. Scivolo nel buio. Appena la mia testa barcolla dal collo al petto rientro nel mondo dei vivi. Sul muro che fissavo ora appare una scritta “SO COSA SOGNI SO COSA SCORDI”. Primo sentimento paura. Secondo sonno. Terzo gamba destra addormentata. Quarto ancora paura. Forse sono confuso. Forse dormo ancora. Forse comincio ad avere troppi forse nella mia vita e nessuno sconto sul valium in farmacia. Esco dalla stanza in cerca d’occhi a cui aggrapparmi. Dove sono? Vertigini nel corridoio buio separano Me da Me stesso in una maratona di specchi di legno. Chi sono? Chi sei? Sento voci. Parole che rotolano fino ai miei piedi e salgono per le caviglie aggrappandosi alle costole raggiungendo in fretta il mio orecchio. Tutto nero. I contorni non esistono. I colori non esistono. Non puoi toccarmi. Non puoi vedermi. Il buio mi nasconde. Mi protegge. Il resto puoi solo immaginarlo, ma è sempre tutto nero.
Avanzo. Corro. Le voci mi inseguono. Incalzano e raddoppiano il mio battito. Tum Tum. Una finestra. Sbatto. Sento sangue sulle dita, forse non mio. Omioddio. Troppi forse, cos’è? Buco il vetro. Schizzi di sangue su sangue e vestiti. Cado. Finalmente freddo. Aria fredda della neve intorno a me, bianca. Un colore! Alzo gli occhi al cielo. Sorrido. Un ricettacolo di piccoli demoni mi sorride come stelle sull’emisfero astrale. Sento voci. No! Cazzo. Ancora.  Poi di nuovo buio.
Bze. Interfono. <<Dottore, il paziente si è di nuovo tagliato. Ha scritto le solite stronzate col sangue sulle mattonelle del cesso. Dottore? Dottore? Perché ha spento la luce? Dottore? La luce.. ho paura del buio!>>
L’infermiere Giusti fu trovato sgozzato con una collana del suo intestino crasso impreziosita da piccoli cristalli di vetro. Il paziente dissolto nell’aria. Lo specchio dissolto con lui. Solo una scritta : Da grande sarò il buio dietro ogni specchio. Giusti era alla sua terza settimana di lavoro. Prima serviva cinghiale e polenta in un chalet di montagna.