Ultimo atto
Angelo Benuzzi
2500 battute

Era del tutto fottuto. Chiuso all’interno di quel vecchio magazzino, con solo due porte di plastica a separarlo dal suo destino. Eppure era rimasto calmo, determinato nei suoi ultimi atti. Aveva fatto rapporto via radio al comando, aveva descritto con precisione gli ostacoli trovati lungo il cammino e il percorso fatto nel vecchio ospedale nella vana ricerca degli antibiotici necessari alla loro piccola comunità. Il tutto con il sottofondo cupo dei colpi sempre più forti sulle porte e i mugolii atonici del gruppo sempre più grande di zombie all’esterno.
Aveva fallito. Niente penicillina, niente sulfamidici per il gruppo di sopravissuti di cui faceva parte. L’ospedale provinciale non era altro che una crisalide vuota di cemento, già spogliata da troppi predatori. E infestata da fantasmi fin troppo solidi. Nei quattro anni successivi al conflitto, quando era stato chiaro che della civiltà occidentale non sarebbe rimasto che le briciole, si era battuto con coraggio, aveva abbattuto centinaia se non migliaia di zombie. Aveva addirittura sperato di poter vedere il giorno in cui l’umanità si sarebbe risollevata da quell’ultimo disastro.
Tutti pensieri inutili ora. Aveva nascosto la radio, la sua pistola e le ultime munizioni in un vecchio bidone giallo dopo averne dato le coordinate ai compagni, si trattava di risorse troppo preziose per potersi permettere di distruggerle o sprecarle. Gli rimaneva solo l’ultima decisione, scegliere come varcare la porta che conduceva all’Acheronte. Poteva sedersi lì, in mezzo alla polvere, aspettando l’arrivo dei post umani ed esserne straziato, alimento per una fame troppo feroce ed atavica per essere comprensibile. L’alternativa era altrettanto certa ma più pulita, almeno ai suoi occhi.
Dallo zaino tirò fuori la sua via d’uscita. Una granata al fosforo bianco. Con la sua esplosione avrebbe annientato non solo la sua vita ma quella di almeno trenta di quei cadaveri ambulanti là fuori, con la sua nube di gas caldissimo avrebbe sterilizzato quel luogo, lasciando un ultimo segno del suo passaggio. Bastava togliere la sicura e attendere sei secondi.
Dagli oblò spiò il movimento caotico dell’orda che lo aveva inseguito. Quaranta, forse cinquanta ex umani vestiti di stracci, rinsecchiti dal virus mutante e dalle radiazioni, straziati quando erano stati sul punto di morire e incapaci di riposare per sempre.
Lui li avrebbe aiutati, era il suo ultimo compito.
Le porte crollarono con fragore e lui strappò la sicura.
La bomba non esplose.