Vie di uscita
Matteo Ninni
2380 battute

Ridacchiava mordendosi il labbro, fissando suo padre dondolare impiccato all’albero del giardino, poi i sussulti del diaframma la fecero svegliare, così realizzò di essersi addormentata vestita.
Era rientrata tardi, probabilmente sbronza, doveva essersi accasciata sul divano a faccia in giù, senza saperne più nulla.
Si mise seduta. Lentamente l’oscurità della stanza andò coprendo il cigolio della corda tesa, fino a sopprimere definitivamente l’impulso euforico di quella possibile via di uscita.
Se ne dispiacque.
Si alzò, un senso di nausea la spinse verso il bagno, camminava barcollando,  illuminandosi con la fiamma di un accendino, così da non svegliare nessuno. Rumori non ce n’erano, neanche il russare di quel porco di suo padre.
Poi sentì dei lamenti. Provenivano proprio dal bagno dove, nella vasca, sua sorella galleggiava a stento con le vene squarciate.
Dal soffitto, appesa al gancio del lampadario, una corda tagliata penzolava nell’aria tracciando un indefinito disegno concentrico.
A terra una sedia rovesciata e, nei pressi, l’altro capo di corda chiuso in un cappio.
Provò a urlare ma non uscì nessun suono. Corse verso la camera dei suoi genitori.
La porta era spalancata, la camera vuota, l’armadio aperto, i vestiti buttati a vanvera.
Rimase sulla soglia. Quant’è che non entrava lì dentro? Per anni era stato suo padre a entrare in camera sua e di sua sorella, ogni notte, alla stessa ora.
- Sono andati a portarti all’ospedale. Inutilmente -
Anna era dietro di lei, completamente fradicia. Il sangue aveva smesso di sgorgarle dai polsi.
- Hai visto? L’ho fatto anche io - aggiunse.
Le venne freddo. Scansò la sorella e si mise a correre verso il bagno.
- Guardati allo specchio - disse Anna rincorrendola.
Si portò davanti allo specchio, accese di nuovo l’accendino e si vide chiaramente, la testa di sbieco, il volto tumefatto dai lividi che procura un collo spezzato, il segno lacerante della corda che le incideva sino alla trachea.
Anna le se avvicinò all’orecchio per sussurrarle qualcosa. La sua espressione era rattrappita in un ghigno ansioso.
-Ti voglio bene – le disse.
Raccolse la corda da terra, si accertò che fosse abbastanza lunga, prese la sorella per mano e insieme si avviarono verso la porta d’ingresso. Fuori, nel giardino ci mise poco tempo a identificare l’albero giusto.
- Ora aspettiamo che torni quel bastardo –
Ridacchiava, mordendosi il labbro.