Ape Cupido
Matteo Ninni
2482battute

Fu la prima telefonata del mattino.
"C'è un mondo d'amore per te!".
"Dove e quando?" chiesi, senza troppe cerimonie.
"Al Maranz, Ape Cupido in festa con dj Arafat. Questa sera, dalle undici".
"Segni di riconoscimento?".
"Tunica araba bianca e occhiali da sole stile chips".
"Ci sarò".
La telefonata si chiuse con un zzzz a imitazione dell'ape che svolazza altrove.
Ero nella Love Track della Ape Cupido da circa un anno. Venti appuntamenti in dodici mesi, un'agenzia matrimoniale come si deve. Unico problema: la mia acne post adolescenziale acuta, un facile catalizzatore di pregiudizi femminili che aveva prodotto il peggior punteggio di tutta la lista.
Noleggiai tunica e occhiali ad Aziz, il gestore dell'internet point sotto casa.
Arrivai al Maranz alle undici e mezza, vestito come prescritto. All'ingresso mi appiccicarono un adesivo sul cuore, entrai e mi diressi subito verso il bar dove chiesi una birra.
Poi incominciarono i gruppi.
"Guardatevi l'adesivo che avete sul petto" dissero al microfono.
"Chiameremo per ogni tavolo tre personaggi uomini e tre personaggi donne. Avete cinque minuti di chiacchere per trovare la vostra anima gemella. L'ape Cupido è fra voi! Zzzzz".
Mi guardai il petto. Ero Bin Laden. Al tavolo trovai Elvis Presley, Papa Ratzinger, Minnie, Marilyn Monroe e la Puffetta.
Puntai subito alla Puffetta, seduta davanti a me. Aveva piercing al naso e delle domande pronte, io tunica e occhiali e delle risposte fatte.
"Come mai sei qui?".
"Sto cercando l'ago nel pagliaio che mi faccia esplodere in mille vezzeggiativi".
"Cosa ti piace fare il sabato?".
"Passare le ore a ringraziare Iddio di averti incontrata".
I cinque minuti sfumarono velocemente. Nella sala delle danze Dj Arafat avvinghiava uomini e donne nel suo sound Gnaoua. Io, già solo, appoggiato a una parete, pensai che forse mi stavo accanendo come una coppia sterile. Non ero all'altezza dell'amore e avrei fatto bene a uscire dalla track.
Poi sentii qualcuno tirarmi la tunica. Era Puffetta.
"Mi piaci, Bin", mi disse.
"Hai visto bene la mia faccia?" le domandai.
"Il pus che hai sul viso è segno dell'amore incontenibile che preme dentro".
Era la cosa più bella che mi avessero mai detto.
L'abbracciai. Dj Arafat, in consolle, mostrava il pollice su, sorridendomi dal cappuccio della sua felpa.
Piansi di gioia, rimanendole addosso. Ballammo fino all'alba, fronte contro fronte, e la mia faccia finì per colorarsi del blu del suo trucco, coprendo per sempre ogni secrezione sebacea.
Ero Bin, ero un uomo nuovo.