Come te sì bèa
(Frammento di un romanzo in costruzione)
Antonio Pennacchi
2500 battute

Come le dicevo, quando mio nonno stava in carcere a Copparo, nel 1906, l'unico suo pensiero era la moglie: "Cosa le dico adesso, quando torno a casa?". Lui faceva il carrettiere e s'era trovato a Copparo con un carico di vino, proprio mentre era in corso uno sciopero di braccianti e il parapiglia coi soldati. Gli era saltato sul carro il Rossoni, un socialista del suo paese, urlando: "Scàmpame, Peruzzi!". E lui allora: "Ah!" fece al cavallo, e dando di frusta prese anche le guardie, e poi le guardie a loro, e si rovesciò il carro e tutte le botti e lo misero dentro insieme al Rossoni per una trentina di giorni. Lui ogni sera, per ridere e scherzare, prima di addormentarsi gridava sempre forte, perché lo sentissero in tutto il carcere: "Scàmpame, Peruzzi, scàmpame", aggiungendo però subito, disperato: "Còssa ghe dìgo mo' a mè mojère?". Quello era il pensiero suo fisso e man mano che passavano i giorni e finiva la pena da scontare, a lui aumentava la pena di uscire: "Trenta giorni? Trent'anni i ghéva da darme".
Quando poi lo hanno rilasciato s'è avviato a piedi verso casa - una ventina di chilometri - sempre con la voglia di rallentare o addirittura girarsi e tornare indietro. Lei lo ha visto da lontano - era pomeriggio inoltrato - che appariva e spariva tra l'ombra scura dei fogliami e gli sprazzi luminosi del sole che di fianco, oramai, si faceva strada a fasi alterne tra gli olmi del filare. E gli è andata incontro.
Lui l'ha indovinata - percepiva solo la figura col sole alle sue spalle, senza i lineamenti - e ha aumentato il passo: "Sia quel che sia". Ma quando a venti metri l'ha vista in viso che non era arrabbiata, che non ci sarebbe stata guerra per le botti il vino e il carretto andati persi, che lei era solo felice di vederlo - felice e basta, e le ridevano gli occhi oltre che le labbra - allora mio nonno è corso per abbracciarla. Ma appena l'ha toccata - solo le mani tese in avanti ancora, neanche le braccia, prima ancora di abbracciarla - mio nonno s'è messo a piangere, che lei non lo aveva mai visto e neanche lui, a ricordarselo, s'era mai messo a piangere prima in vita sua. E mia nonna gli diceva: "Pagarém Peruzzi, pagarém" per consolarlo, perché pensava che lui piangesse per il dispiacere, per i pensieri, i debiti, il danno. E invece lui piangeva di contentezza: "Come te sì bèa" le diceva, "come te sì bèa". Mio nonno piangeva perché la moglie era bella. Tutto qua. E oltre ad essere bella gli voleva pure bene. Lei non piange per queste cose qui?