Rosa rosa
Alfredo Bruni
2500 battute

Finì di stendere il sottile strato di Vinavil e fece combaciare perfettamente i due pezzetti di legno. Li tenne stretti con forza tra il pollice e l'indice per un minuto, poi con un panno morbido pulì le sbavature e poggiò l'oggetto sul ripiano. Pensò che il rosa doveva essere il suo colore sfortunato, mentre in bagno si lavava le mani.
            Andò in cucina. Aveva lavorato tutto il giorno, per quella piccola cosa e adesso doveva solo colorarla. Guardò nel cartone che teneva sotto il lavandino e trovò il pennello e qualche scatola di vecchi colori.
            Il rosso gli piaceva, ma quando riuscì a aprire il barattolo, vide solo un blocco gommoso di vernice secca. Provò a scioglierla con l'acqua ragia, ma il risultato fu solo un liquido pallido che tingeva appena. L'odore era pungente e gli feriva le narici e gli occhi, che incominciavano a lacrimargli.
Carla, quel giorno, arrivava in bicicletta, una Graziella rosa sulla quale andava in giro da quando aveva undici anni.
            Aveva girato tutta la città in cinque anni, avventurandosi fino alla foce del fiume. Si erano incontrati l'anno prima, e anche se non si erano mai detti che si amavano, si erano rivisti quasi tutti i giorni. Andavano al cinema e all'uscita, correvano al Mac Donald prima che arrivassero gli altri ragazzi, poi Carla inforcava la sua bicicletta rosa e si allontanava nel traffico della città con i suoi capelli biondi che sembravano accarezzare il vento. Se andavano al pub, legava al palo della luce vicino al municipio, la sua Graziella e in piazza prendevano il 28. A mezzanotte tornavano a casa e Matteo l'accompagnava fin sotto al portone di casa, camminando lentamente per via Ostuni e continuando a ridere e a raccontarsi tutte le loro cose. Le ruote della bicicletta, litigavano con i ciottoli e le buche del selciato, e partecipavano ai loro discorsi.
            Quando Matteo vide arrivare la Croce Rosa, gli venne da ridere. Il golfino rosa di Carla, la bicicletta rosa, anche il tramonto era di un rosa pallido quasi scontento. Dall'ambulanza scese qualcuno e lui restò solo.
            Si alzò presto. Il Vinavil aveva tenuto bene. Mescolò il liquido nel barattolo di rosso e colorò i due pezzetti di legno incollati l'uno all'altro per sempre. Arrivò prima degli altri, vestito col maglione che piaceva a Carla e restò in silenzio vicino a lei. Quando l'uomo nero incominciò a chiudere la bara, mise dentro i due pezzetti di legno incollati e ancora umidi, ma non pianse. Solo la sua grande mano, sfiorò per l'ultima volta il volto di Carla.