se moventi
Giulia Ciappa
2445 battute

Quante nuvole c'erano, e quanto belle? E Capri sembrava di marmo, di terra, di burro. Riportarcela, mia madre, riportarcela senza timori. 
Per quante nuvole ho contato, potrei aver messo da parte lacrime e pianti. 
Per la prima volta in vita mia, la separazione senza una morte mi fa piangere. 
Salgo in metropolitana e anche se semideserta c'è troppa gente, qualcuno potrebbe vedermi. 
Asciugo una goccia furtiva che potrebbe tradirmi e schivo lo sguardo di un uomo che potrebbe aver compreso. 
Troppe nuvole per una separazione che già si preannuncia dura. Troppa umidità dentro e fuori. 
Ogni altra separazione era meno definitiva. Ogni altro distacco più improbabile. Ho ceduto. 
L'uomo che si è seduto di fronte a me ha lo stesso cellulare di Francesco, vecchio e rotto. Sarà appartenenza o sarà incapacità di distaccarsi? 
C'erano tante di quelle nuvole che non sarebbero mai potute entrare in una foto sola, e infatti non l'ho scattata se non con la mia mente. 
Mentre riaffiorano queste strane gocce d'acqua in cui è disciolto ben più del sale, provo a distrarmi, a guardare la gente, a fantasticare sui volti, sulle scarpe sporche, sui pantaloni troppo stretti o le camicie mal stirate. 
E non avanza niente. 
Sembra non esserci più spazio se non per le attese. E per delle menzogne beneauguranti che non ho tempo di costruire. 
Guardo la pelle scurita da questo sole fantastico e fantasticato e per qualche strano fenomeno, mentre provo a immaginarne l'odore, mi torna nelle narici l'odore di casa mia, una qualche casa mia o non sicura del tutto mia o forse non più. 
Lasciare qualcosa è lasciare tracce. 
Tessere perse di un puzzle che si è deciso comunque di concludere anche in loro assenza, e magari funziona pure. 
Troppe nuvole e quanta acqua. 
Quella pelle che sembra raggrinzita e secca è invece così morbida, non se ne potrebbe mai essere stanchi. 
Come una terza onda, a valanga, sento che torna il groppo con tutte le sue lacrime dentro. Provo a concentrarmi su altro e le immagini che mi restituiscono occhi e narici non fanno che darmi fastidio. 
Sempre pelle scura sempre odori non graditi. 
Nella metà di un primo viaggio senza più Caronte, sono sola. 
E mi deve bastare: e devo farmi una ragione degli occhi che mi guardano e da cui mi dissocio. 
E' sempre un gioco tra separazione e appartenenza, disse il grillo parlante. Però, non è un gioco. 
Il gioco dell'appartenenza senza romanticismi, o meglio, sempre rimandati, sempre ritrattati.