Nema problema, Despi
Alessandro Sampietro
2476 battute

 
Aspettando che i bombardieri ricominciassero a martoriare quello che restava della nostra città ero sceso nel rifugio dietro l'ospedale dove lavoravo.
Scesi assieme a Despina, la mia infermiera preferita. Mi venne spontaneo fissare i suoi occhi, e vidi che lei guardava dritto i miei. E mi venne addirittura un abbozzo di sorriso. Dio, da quanto tempo non sorridevo! Sorrise anche Despina: bellissima! Le sue labbra formavano un arco perfetto: non potevo lasciarle lì tutte sole! Abbracciai la ragazza e finsi un passo di valzer, mentre il sorriso stava diventando quasi una risata entusiasta. Ci lasciammo cadere sul mio letto. La guerra, il mondo fuori, potevano aspettare.
Mi ero aspettato che lei non si opponesse ai miei baci: dopo tutto il tempo passato stuzzicarci piacevolmente nell'ospedale ci trovavamo insieme, nella mia stanza del rifugio, ed eravamo soli. Ma anche se non lo fossimo stati non mi sarebbe importato. A quel punto m'importava soltanto di coprire quella ragazza di carezze, e di baciarle tutto il corpo, senza lasciare il benché minimo lembo di pelle privo del contatto con le mie labbra. La liberai subito dal camice che indossava. Ero anche riuscito a sganciarle il reggiseno con una mano sola, la sinistra, mentre con indifferenza le sfioravo la schiena. Sentivo Despina gemere al tocco delle mie mani. Lei era completamente nuda. La ragazza mi aiutò a spogliarmi, mentre le nostre bocche continuavano a cercarsi con foga. Mi sdraiai sopra di lei, che allargò le gambe per accogliermi, cingendomi i fianchi con una stretta vigorosa. Cercai di penetrarla con estrema delicatezza, ma l'ultimo sforzo le strappò ugualmente un piccolo grido di dolore. Non avevo avuto grandi ostacoli da abbattere, ma il percorso si era rivelato lo stesso angusto. Dopo alcuni minuti, nei quali dovetti immaginare scene meno sensuali di quella che stavo vivendo per non terminare in maniera indecorosa quel preziosissimo incontro, mi avvidi che Despina si stava lamentando. Mi guardava fisso negli occhi e, a denti stretti, dissimulava una qualche sofferenza. Mi ci volle poco per capire che la ragazza non era avvezza a manifestare in maniera esplicita il suo piacere, e stava così trattenendo l'urlo liberatorio che il suo orgasmo le proponeva.
Ansimando riuscii a dire:
- Dai, amore, libera la tua voce.
E la voce di Despina, così svincolata, si unì alla mia in un grido beatamente primitivo, coprendo il rumore del mondo che, intanto, stava crollando da qualche parte.