Lontana
Molufin
2481 battute

 
Riesco a scopare bene solo quando annusando l'aria sento che è piena di assenze, silenzio e adrenalina. Scopare davvero per me è come farsi aprire il petto da una lama fatta a cono, che entra frontale, divarica piano l'alveo del costato (si vede il bianco delle ossa, il rosa dei muscoli e dietro il rosso degli organi), si insinua puntuta in un luogo tra lo stomaco e il cuore, frugando, scostando, inesorabile e bruciante, come fosse di fuoco, ma un fuoco freddo.
Questo è, uno sguardo nell'antro più buio di una casa non tua, in un giorno pieno di luce, ma senza sole, con l'aria fredda e ovunque un profumo vago di mandorlo, le tende chiare, lunghe e velate alla portafinestra.
Così. All'improvviso, tu. Nudo, con la tua carne liscia, con il tuo membro liscio, con il tuo respiro duro. Ti desidero senza speranza, come desidero la profondità del mare, il cielo e le nuvole, senza capirli, per la loro cruda bellezza. Vorrei essere sempre giovane, per poterti vedere in questo sfondo nero e un cono di luce bianca che ti investe dall'alto, mentre avanzi e mi prendi, esattamente come si uccide, con la stessa indifferenza e velocità, con gli occhi vuoti. Vorrei essere sempre giovane per sentire sempre così forte il cuore salirmi alla gola, la pelle ergersi, spinta verso il soffitto da ogni piccolo pelo irsuto, impazzito, che cerca qualcosa lassù, e per sentire che mi apro, così, in questo modo pazzesco, desiderando che tu mi faccia male, così male da morderti, te e i tuoi muscoli di metallo e la tua delicata pelle bianca. Sentire forte che non mi sciolgo nelle mie acque, che resto ferma e asciutta come una pietra di deserto, come una donna maschio virile, perché voglio sentirti più forte, sempre più forte, subirti asciutta e angosciata, stupita, sacrificata.
Orgasmo, piccola morte, orgasmo, la perdita della realtà. Così mi perdo, intatta, sconvolta, in un deserto senza nome, senza paura della paura che sento, così, lontana. Ogni volta che ti vedo. E che ti sento. Anche se non mi tocchi.
Ti alzi, in una luce bianchissima su uno sfondo questa volta marrone wengé. Cammini silenzioso e nudo per le grandi stanze vuote di questa casa da rivista di architettura (forme pure, doppi volumi, pochissimi oggetti, gelide bellezze). Penso che è un sogno.
Mi guardi, sorridi, mi fa l'effetto di mille perfette parole.
Mi vesto (questi vestiti mi sembrano plastica), mi vesto bene e me ne vado. Fuori un vento così forte nell'aria che contiene il primo profumo della primavera.