Madame
Giuseppe Agnoletti
2444 battute

 
Parcheggio sotto casa e salgo le scale come un fulmine. Un'ulteriore scadente metafora riferirebbe che ho il cuore in gola. Ma il mio teso protagonista è un altro, e si trova molto più in basso.
Suono il campanello, Madame apre. Oggi è una pantera, una gatta ricoperta di pelle scura. Sul viso una mascherina di seta nera nasconde i suoi lineamenti, e le dona, devo dire, parecchio.
- Buonasera.
Replica con un miagolio lungo e caldo, un brivido che ha il sapore di un rantolo.
Non parla. Mi tira dentro per la cravatta, come al solito va per le spicce. Mi spoglia, soffia e agita la coda; è già eccitata, e io m'abbandono al gioco di una professionista. La conosco, so che bisogna lasciarla fare.
A volte, come adesso, mi punisce perché sono stato cattivo. E, lunghissime, le sue unghie rosse s'imbizzarriscono a tracciare strade nuove e sconosciute sulla mia pelle, ricamano per tutto il corpo tatuaggi immaginifici, solchi rugginosi carichi di suggestioni oniriche. Lei si fa dura, autoritaria, selvaggia come un continente inesplorato, gli occhi, vaghe stelle dell'Orsa, stillano la luce tagliente di un diamante pazzo.
Poi. poi il suo fiore oscuro e gonfio di desiderio mi accoglie. E niente ha più importanza.
***
È finita. È sfinita, anch'io sono svuotato, stanco e affamato.
Recupero le mie vesti sparse per tutta la stanza. Mi volto e getto in aria due banconote verdi da cento. Madame le afferra al volo. Gli occhi brillano impudici, divarica la bocca, impertinente e maliziosa.
- Buonasera.
- Miaoooo - rantola di nuovo.
Mi lecca la guancia. La sua lingua, simile a un tentacolo, scivola fino alla base del collo. È meglio che vada, ora.
Scendo con calma. Una volta fuori dal portone me ne accendo una. La consumo con avidità e così subito un'altra. Poi apro la macchina, prendo la borsa e ritorno sui miei passi.
Salgo le scale. Di nuovo suono lo stesso campanello.
- Ciao, tesoro - La faccia ordinaria di mia moglie mi saluta sorridente.
- Ciao, cara.
Entro e mi affloscio sul divano.
- Giornataccia in ufficio, vero?
Faccio di sì con la testa, senza parlare.
- Fra poco è pronto! - urla dalla cucina. È già balzata di là, tra i fornelli, simpatico leprotto domestico.
Sento un profumo delizioso penetrarmi nei polmoni tossici di tabacco. E mi chiedo cosa abbia preparato. Con la coda dell'occhio colgo il dettaglio di una calza a rete seminascosta  dietro una poltrona.
Sono un uomo baciato dalla sorte. Ma cosa succederà quando avremo dei bambini?