Amore e magia
Fernando Bassoli
1782 battute

 
Se c’era da guadagnarsi il grano, e c’era: c’era eccome, da metterlo assieme, Elena Fecarotta non s’era mai tirata indietro con nessuno. Mica era una zoccolina qualunque: la nostra era una lustracappelle con labbra a risucchio, tette a cocomero, mani da trastullatrice di cefali, larghe come pagaie sbucanti dal corpo bovino, volgare ma al tempo stesso irresistibile. Mignotta, sì: ma mignotta d’una sensualità disperante, d’una carnalità che implodeva sotto pelle. Mignotta. Eppure mamma nell’animo. Una Madonna alla rovescia. Quella notte vi furono domande, risposte, cipigli, giochetti, sberleffi, amplessi, schiaffoni e frustate. Solo una cosa mancò: i soldi. Al momento di pagare, non si mossero dalle tasche del loro illegittimo proprietario. Vi furono solo altre botte a iosa e un calcio in culo memorabile, arrivederci e grazie. E la parola troia che riempiva il vuoto fino a far pesare le pareti della stanza. Di quegli inquieti bagordi, perfino uno scimmione quale Alvaro Mastracci portava chiari i segni. Gli aveva succhiato pure le budella, lei, facendogli vedere le stelle, da regina del Kamasutra alla vaccinara. Ma l’eslege che lui era non aveva certo provato gratitudine o qualcosa del genere. Tutt’altro… L’aveva solo usata per piacere personale, come sempre faceva con le donne e con gli oggetti, che per lui erano poi la stessa robetta senza valore. Da usare e poi gettare, nulla più. Amore e magia: trombarle e poi sparire. Ora camminava e Roma tutta sembrava compiacersi di tanta abbondanza della Natura, invitare a godersi una vita dove ogni lassàta è persa, ché si campa una volta sola, diobonino, e la freschezza della giovinezza andata mica torna. Chi ha dato, ha dato e chi ha preso, ha preso: poche chiacchiere. Perché pare strano, ma pure questo è sesso.