Il fattore campo
Sergio Zaccagnino
2499 battute

C'è stato un tempo in cui, correndo dietro al pallone, non c'era mai la fatica ma solo la voglia di divertirsi e sognare i propri miti. A guardare indietro è una galleria di immagini, di icone: Platini e Maradona, il fuorigioco di Baresi, Cerezo coi capelli ossigenati, Tacconi che era meglio di Zenga. La Coppa delle coppe: la più bella e ormai Storia. E momenti leggendari: lo scudetto dell'Inter, il Genoa che espugna Anfield Road.
Noi andavamo al campetto con in testa le immagini di un gesto, di un tiro visto in televisione da rifare lì, per vedere se era proprio così difficile. Pomeriggi interminabili in cui non conoscevamo ancora i crampi.
 
Quell'estate prendemmo la storica decisione: facciamo un torneo!
Nessuno ricorda quale fatale coincidenza ci condusse fino a quella parrocchia di campagna sta di fatto che, avendo quale unico mezzo la bicicletta, arrivavamo al campo che avevamo già fatto qualcosa di più che un semplice riscaldamento.
Tutti ricordano invece l'emozione delle magliette, le NOSTRE magliette. Andammo sull'Epitaffio, al negozio che ora non c'è più, a recuperare un fondo di magazzino in tessuto acetato con le maniche lunghe che avresti sudato anche a Natale. E poi i numeri! Ah, che meraviglia il mio numero 6!
Gli anni sono scivolati via ma quella maglia ancora resiste, più coriacea del mio menisco.
 
Si giocava di pomeriggio a 40° ma si sa, la stanchezza a quell'età.
Senza clamori arrivammo alla partita decisiva: un punto per accedere ai quarti. La squadra era improntata alla massima orizzontalità -giochiamo per divertirci e giochiamo tutti- ma la conseguenza era l'assoluta anarchia tattica.
Eppure teniamo il 2-2 a due minuti dalla fine e siamo ai quarti. Quasi, perché in quella parrocchia, noi "cittadini" giochiamo troppo in trasferta.
Me lo ricordo come fosse ieri: ci fu un contatto fortuito perché guardavamo entrambi il pallone. Però, quello, un po' infame lo è stato e appena ci siamo toccati è crollato a terra con un grido disperato. L'arbitro ha inesorabilmente fischiato. Punizione dal limite, sulla nostra destra.
Porgendogli la mano per farlo alzare mormorai: "t'è andata bene".
Ma non pensavo così tanto bene!
Tiro. Gol. 3-2 palla al centro, triplice fischio e tutti a casa. Che amarezza!
La strada del ritorno quel pomeriggio sembrava non finire mai e per la prima volta cominciai a sentire l'acido lattico.
 
Anche se il tempo è galantuomo ancora oggi, quando penso a quel primo torneo e a quella punizione rubata, non riesco a trattenermi."li mortacci tua!"