Derbyschemia Calciovascolare
Carlo Miccio
2500 battute

Mio padre me lo ripeteva sempre, quando ero ancora un ragazzino, che mi ci accendevo troppo per il calcio. Ti scaldi troppo - mi diceva, e per quel motivo non mi ha mai voluto portare allo stadio a vedere il derby. Diceva che mi esaltavo per un gioco da deficienti, e poi finiva che crescendo sarei diventato come uno dei facinorosi.
Li chiamava così, quelli che fanno casino allo stadio, mio padre ha sempre pensato che il termine facinorosi servisse a designare espressamente i teppisti da stadio, come da uso televisivo, e per consuetudine lo aveva adottato a sinonimeggiare il concetto stesso di ultrà.
Io di mio facinoroso non lo sono stato mai, ma il calcio è una passione, e da quando ho potuto, il derby me lo sono sempre andato a vedere allo stadio. Ogni anno, almeno due volte all'anno. Anche ieri c'ero, con tutto che pioveva a dirotto e alla fine abbiamo pure perso due a zero. Chiamatela mania, ma comunque mania innocente. E consentitemela, che al mondo c'è di peggio.
Ovvio che disapprovo quei quattro matti che tirano razzi e sbandierano svastiche per una partita di pallone, ma a dire il vero chi veramente non sopporto sono quelli che snobbano il calcio, e poi sono sempre li a dire la loro, quelli che ai mondiali diventano tutti opinionisti, quelli che la settimana del derby spuntano fuori come funghi a dibattere di entusiasmi che non conoscono, di dolori che non capiscono e che alla fine, non gli appartengono.
Prendete mio cognato, ha quarantadue anni e non ha ancora capito la regola del fuorigioco, ma ogni tanto se ne esce con qualche commento arguto copiaincollato da qualche dibattito scemo ascoltato in televisione. E come se non bastasse, dice pure di essere laziale, lo stronzo.
Logico che ieri, quando sono tornato a casa dallo stadio, fradicio di pioggia e incazzato come una iena, e me lo trovo in cucina che sbeffeggia ironico su quel rigore inesistente, non ci ho visto più e gli ho tirato addosso la prima cosa che mi è capitata a portata di mano. Un posacenere.
Ho alzato il braccio, ho scagliato il posacenere e ho sentito una fitta incredibile al petto, e poi sono caduto per terra. Infartato come una pera cotta, m'hanno detto qualche ora dopo, perché non mi era mai successo prima, e li per li non avevo mica capito.
Mi sono risvegliato qui, in ospedale: adesso sono attaccato ad una macchina piena di tubi, e ascolto mia moglie che piange. Accanto a lei c'è quello stronzo di mio cognato: non ha nessun segno in faccia. Non l'ho manco preso, 'sto laziale infame.