La sindrome di Stendhal
(leggere molto, molto lentamente)
D_To_In_Q
2500 battute

Ora che sta per arrivare la fine non riesco più a pensare a ciò che devo fare, resto immobile in questo spicchio verde di mondo, a farmi quelle domande che non hanno una risposta
Li vedo muoversi, ancora correre e correre. Ogni contrasto è buono per accentuare una caduta, per riprendere aria e cercare una pausa a tutta questa confusione che li isola con i loro pensieri. Prima erano solo nitidi fischi e boati, da tutte le direzioni, in ogni momento. Ora è come se fossimo sottovuoto in mezzo a questo uragano di esclamazioni incomprensibili
Ha un attacco di crampi. Il massaggiatore urla in direzione dell'arbitro. So cosa succede ma sono troppo lento per capire cosa fare. Gli avversari si sbracciano e se mi giro in direzione del mio collega riesco a vedere le sue tempie che pulsano. È la tensione. Ciò che per noi è pace e tranquillità per loro è baratro e disperazione. Continuo a girarmi lentamente mentre il massaggiatore vola verso il campo. Alzo lo sguardo verso il tabellone, sembra fermo allo stesso minuto da chissà quando. Migliaia di belve sembra che si scaglino dalle tribune contro di me. I loro volti si deformano, le loro urla si confondono e non capisco. Non capisco più niente
Una mano mi tocca la spalla. Il mio voltarmi è un viaggio nella lentezza. Lo guardo negli occhi. Gronda di sudore. Mi parla, beve. Si fa colare il liquido in bocca. Poche gocce gli sbattono sulle labbra e si frantumano in altre piccole stille che cadono sulla maglia, e poi a terra. Mi chiede qualcosa. Rispondo, ma non ho la completa percezione di quello che dico. Forse forza. Come mi diceva il mio allenatore quando gli chiedevo cosa fare a pochi minuti dalla fine. Forza, forse. Con il suo significato che rappresenta tutto e niente. C'è sempre qualcuno che ci chiede di essere più forti nel momento in cui siamo più stanchi, e meno lucidi. Forza
Si è rialzato. Ha i crampi ma resta in campo. Zoppica ma non ha scelta, può solo soffrire. La palla riprende a girare. Arriva ai suoi piedi e senza pensarci la rigira al portiere per rifiatare. I fischi raddoppiano. Tutti corrono verso il nostro portiere che aspetta e solo all'ultimo la scaglia lontano. Il santuario è ancora in salvo. Guardo verso il basso. Una formichina passa fra i fili d'erba vicino ai miei piedi. Sbatto le palpebre con stanchezza. Arriva un fischio secco. Due. Tre. Suona la mia sveglia. La testa scatta. Ora sento tutto, tutto è nitido. Inizio a correre e sbracciarmi. Abbiamo vinto. Abbiamo vinto. Dio mio quanto amo il calcio