Una risposta complicata (Atto unico)
Personaggi:
- lo zio (Giggi) Appartamento di zio Giggi, sabato, ora di pranzo. Squilla il campanello: “Driin” Zio Giggi apre la porta.
Giggi: “Ciao Lorenzo!” Entrano dentro, L. trotterella in cucina e posa la borsa dell’asilo e si toglie il grembiule. La madre di L: “Lorè! Saluta lo zio!” L. torna indietro e bacia lo zio sulla guancia. G: “Tutto bene all’asilo?” L: “Sì zio” Lorenzo scappa in soggiorno e accende la tv. Gli altri due vanno in cucina. Madre di L.: “No lascia fare a me” (spinge il fratello lontano dai fornelli). G. si sposta in soggiorno e siede sul divano, accanto a L. L. spegne la tv e sbuffa. G.: “Che c’è?” L.: “Niente è che so’ finiti i cartoni…” G.: “Allora che dici, ti sei divertito oggi?” L.: “Insomma…” L. resta in silenzio pensieroso. G. lo guarda, in attesa. L. alza la testa e fissa lo zio. G.: “Tutto bene?” L.: “Zio Giggi, senti un po’, ma se po’ dì mabbaffangulo?” G. (aggrotta le sopracciglia): “Dove l’hai sentita ‘sta parola?” L.: “Oggi Marco l’ha detto due volte a scuola…” G.: “E la maestra che ha fatto?” L.: “Niente, non l’ha sentito…” G.: “E a chi lo ha detto?” L.: “A me, ha detto che il padre lo dice sempre alla madre…” G.: “E la madre che dice?” L. (scrolla le spalle): “Boh! Ma se po’ dì?” G. (sospira imbarazzato): “Be’ è una parola che se po’ dì certe volte ma è meglio che uno non lo dice…” L.: “E che significa?” G.: (ancora più incerto): “Ma non è che significa qualcosa, è una di quelle parole che certi la usano spesso e certi non la usano mai, come che ne so… limort… no scusa volevo dì come quando uno ti è poco simpatico e magari ti ha fatto un pezzo…” L. (occhi sgranati): “Un pezzo de che?” G.: “No scusa, volevo dì che è una parola che non si dovrebbe usare tranne in certi casi quando sei proprio arrabbiato e allora capita che ti può scappare di dirla… però sarebbe meglio che uno non lo dicesse mai, magari è meglio usare un sinonimo oppure contare fino a tre e respirare, dandosi un tono…” L.: “E che è un sintonimo?” G.: “Una parola che significa la stessa cosa di un’altra, tipo… aspetta…” L. fissa lo zio, in attesa. G. (pensieroso, poi trionfante): “Tipo… gol e rete!” Maria (dalla cucina): “Ragazzi è pronto!” G. si alza dal divano, soddisfatto: “Dai che c’ho ‘na fame…” L. resta sul divano fissando lo zio perplesso. G. (sulla porta del soggiorno, accigliato): “Be’?” L. (serio): “Mabbaffangulo?”
FINE |