Una risposta complicata (Atto unico)
Luigi Brasili
2433 battute

Personaggi:

- lo zio (Giggi)
- il nipote (Lorenzo)
- la madre di Lorenzo, sorella di Giggi (Maria)

Appartamento di zio Giggi, sabato, ora di pranzo.

Squilla il campanello: “Driin”

Zio Giggi apre la porta.

Giggi: “Ciao Lorenzo!”
Lorenzo: ”Ciao zi’!”
Madre di L.: “Ciao Gì…”

Entrano dentro, L. trotterella in cucina e posa la borsa dell’asilo e si toglie il grembiule.

La madre di L: “Lorè! Saluta lo zio!”

L. torna indietro e bacia lo zio sulla guancia.

G: “Tutto bene all’asilo?”

L: “Sì zio”

Lorenzo scappa in soggiorno e accende la tv.

Gli altri due vanno in cucina.

Madre di L.: “No lascia fare a me” (spinge il fratello lontano dai fornelli).

G. si sposta in soggiorno e siede sul divano, accanto a L.

L. spegne la tv e sbuffa.

G.: “Che c’è?”

L.: “Niente è che so’ finiti i cartoni…”

G.: “Allora che dici, ti sei divertito oggi?”

L.: “Insomma…”

L. resta in silenzio pensieroso.

G. lo guarda, in attesa.

L. alza la testa e fissa lo zio.

G.: “Tutto bene?”

L.: “Zio Giggi, senti un po’, ma se po’ dì mabbaffangulo?”

G. (aggrotta le sopracciglia): “Dove l’hai sentita ‘sta parola?”

L.: “Oggi Marco l’ha detto due volte a scuola…”

G.: “E la maestra che ha fatto?”

L.: “Niente, non l’ha sentito…”

G.: “E a chi lo ha detto?”

L.: “A me, ha detto che il padre lo dice sempre alla madre…”

G.: “E la madre che dice?”

L. (scrolla le spalle): “Boh! Ma se po’ dì?”

G. (sospira imbarazzato): “Be’ è una parola che se po’ dì certe volte ma è meglio che uno non lo dice…”

L.: “E che significa?”

G.: (ancora più incerto): “Ma non è che significa qualcosa, è una di quelle parole che certi la usano spesso e certi non la usano mai, come che ne so… limort… no scusa volevo dì come quando uno ti è poco simpatico e magari ti ha fatto un pezzo…”

L. (occhi sgranati): “Un pezzo de che?”

G.: “No scusa, volevo dì che è una parola che non si dovrebbe usare tranne in certi casi quando sei proprio arrabbiato e allora capita che ti può scappare di dirla… però sarebbe meglio che uno non lo dicesse mai, magari è meglio usare un sinonimo oppure contare fino a tre e respirare, dandosi un tono…”

L.: “E che è un sintonimo?

G.: “Una parola che significa la stessa cosa di un’altra, tipo… aspetta…”

L. fissa lo zio, in attesa.

G. (pensieroso, poi trionfante): “Tipo… gol e rete!

Maria (dalla cucina): “Ragazzi è pronto!”

G. si alza dal divano, soddisfatto: “Dai che c’ho ‘na fame…”

L. resta sul divano fissando lo zio perplesso.

G. (sulla porta del soggiorno, accigliato): “Be’?”

L. (serio): “Mabbaffangulo?”

FINE