La storia di Zì'pietro
Vinicio De Marchis e Massimiliano Lanzidei
2499 battute

Un lupinàro. Zì’pietro era un lupinàro. In italiano si chiamano lupi mannari, ma i vecchi, a Roccasanta, le persone come Zì’pietro le chiamano lupinàri. E che Zì’pietro fosse un lupinàro vero era un fatto assodato. Tutto il paese lo sapeva. Dalla notte in cui Gianni il macellaio e il compare Roberto lo avevano visto uscire nudo dalla fontana, col torso coperto di peli, lucente d’acqua ai raggi abbaglianti della luna piena.
Lupinàro. Zì’pietro era stato segnato.
La gente lo evitava.
Il suo unico contatto col mondo era mia nonna. Zì’pietro passava a casa quando noi non c’eravamo e lei gli comprava i prodotti dell’orto.
Io queste cose le scoprivo durante i pranzi e le cene. “Questi sono i pomodori di Zì’pietro”, “questa cicoria l’ha portata zio”, a volte anche l’olio e il vino.
Una mattina sono tornato a casa prima. Dalla cantina è uscito Zì’pietro. Avrei voluto andarmene, ma non potevo: quella era casa mia, non ero io quello fuori posto.
Zì’pietro aveva una fascina in braccio, salimmo in salone e accese il camino. Lì, fumando la sua pipa, mi ha raccontato di una notte fredda e disperata di tanti anni prima.
Per mesi aveva visto la moglie spegnersi. Zì’pietro continuava a pregare. Passava tutto il suo tempo in preghiera accanto alla donna che amava. Quella notte di gennaio la luna brillava piena sulle case e illuminava a giorno il paese.
Nel suo incessante mormorio rivolto al crocefisso appeso al letto, per l’ennesima volta Zì’pietro chiede una grazia al Signore e stavolta offre in cambio, oltre alla sua devozione, anche un bagno notturno nell’acqua gelida della fontana
E’in quel momento che la figura nel letto ha uno spasmo, gli stringe la mano, apre gli occhi, solo per un attimo, ma li apre, e lo riconosce.
E piange, Zì’pietro, e ringrazia il Signore. E piange ancora mentre si spoglia e spacca il sottile strato di ghiaccio per immergersi nella fontana in fondo alla strada. E le lacrime si mischiano all’acqua quando esce e torna verso casa, sotto gli sguardi indiscreti di Gianni e Roberto che lo seguono dall’ombra della veranda.
Smette di piangere solo più tardi, quando rientra a casa e si accorge che la vita ha lasciato per sempre la figura stesa nel letto. Allora smette di piangere e grida la sua maledizione alla luna splendente.
E quel giorno, quella mattina in cui mi ha raccontato la sua storia davanti al camino acceso, mi ha fissato dritto negli occhi e mi ha detto: “Ragazzo, non dare mai retta al Signore, ma soprattutto guardati dagli uomini e dalle loro parole.”