Effetto domino
Bruno Di Marco
2494 battute

Mario si presentò all’appuntamento accompagnato dalla sorella. Non poteva lasciarla sola, ordine dei genitori, altrimenti combinava guai.
“La settimana scorsa con le medicine prese dall’armadietto del bagno ha avvelenato il cane dei vicini e quelli si sono incazzati con i miei”.
Lo guardai con diffidenza, avevamo una “missione” da compiere.
“ E poi non da fastidio, non parla quasi mai”.
Contrariato mi avviai seguito dai due, verso la “casa”, un edificio abbandonato circondato da un vecchio muro diroccato. Da un buco sul lato nascosto accedemmo al giardino incolto, una jungla. Tremando spostavo i rami per aprire la pista, mentre Mario, pallidissimo, era incollato alla mia schiena. La sorella ci seguiva con aria assente, ma lei non conosceva le storie che giravano sulla “casa” abitata da streghe, fantasmi, e soprattutto vampiri. Secondo quel ciccione di Saverio là dentro era nascosta la coppa d'oro in cui erano conservati i denti dei vampiri morti.
”Fanno diventare invisibili”.
Mario invece disse che facevano volare chi se li metteva in tasca. Saverio sghignazzò e, canzonandoci, ci sfidò a trovarla.
Porte e finestre erano sbarrate ma sotto il terrazzino di ingresso, sul cui parapetto erano allineati dei vasi di coccio, c'era una finestrella semiaperta. “Da lì” sussurrai a Mario, lui annuì e mi spinse avanti.
Entrai, il posto era buio e odorava di umido e di polvere. Andando verso la porta semiaperta urtai qualcosa e una serie di ombre nere crollarono in sequenza con un fracasso terribile. Una voce cavernosa sbraitò dal piano di sopra gelandomi. In preda al panico mi precipitai verso la finestra scalando oggetti marci e pieni di ragnatele, mentre qualcuno o qualcosa entrava nella stanza ruggendo.
Ero fuori e pronto a correre quando mi afferrò la caviglia. Terrorizzato non ebbi il coraggio di guardare indietro, da terra scalciai e mi aggrappai all’erba inutilmente, mentre venivo tirato verso quella voce infernale che rideva e bestemmiava. Stavo per urlare quando un rumore secco spezzò quella risata demoniaca. Lentamente mi girai e vidi la testa dell’uomo schiacciata da un pesante vaso di coccio. Alzai lo sguardo al bordo del parapetto del terrazzino. Mancava uno dei vasi, al suo posto la testa della sorella di Mario con uno sguardo che non ho mai saputo definire.
Da allora stiamo insieme e ha deciso che presto ci sposeremo.
Decide sempre lei, se io ho qualcosa da obiettare, lei mi fissa con quello stesso sguardo che ancora non so definire. E io non dico più niente.