Malavventura
Graziano Lanzidei
2494 battute

Con Santagata stiamo in ascolto, ma io sento solo il suo respiro, affannato e veloce. Il buio è totale. Mi sforzo di capire dove siamo ma le uniche conclusioni a cui riesco ad arrivare sono che sediamo su terra bagnata, stiamo appoggiati con la schiena alla parete, scappiamo da troppo tempo e siamo andati a finire in un posto del cazzo.
“Mi viene da vomitare” biascica Santagata, insofferente. Lo immagino con la mano poggiata sulla bocca dello stomaco, una smorfia sul viso. Chiudo gli occhi, cerco di abituarli al buio.
“Ci stanno ancora inseguendo?”
“Si” rispondo. Inutile regalare illusioni. “Possiamo solo sperare che non gli venga in mente di venire qui”.
Non credo siano state queste parole a scatenare la reazione, ma Santagata prende a vomitare. Una sostanza calda inizia a invadermi la gamba destra. La ritraggo. Sento una sua mano poggiare sulla mia. Ritraggo anche quella.
“Scusa” fa lui.
Apro gli occhi. Alzo lo sguardo. Catturo un po’ d’aria. Non vorrei rigettare anche io.
Cerco di alzarmi. Sento le gambe cedere. Sorrido. E pensare che nei film i protagonisti scappano per ore, senza un momento di pausa.
“Voglio tornare a casa”. I denti di Santagata prendono a sbattere. Avvicina la mano alla pistola, con timore. La prende. Si sistema.
“Dobbiamo andare via di qui, ho freddo”.
Provo a dirgli che non è possibile, che se ci scoprono poi rischiamo la pelle.
“Se non addirittura il sequestro e il taglio della gola”.
Sulla tempia sento il freddo della pistola.
“Portami fuori di qui, adesso”.
Urla l’istruttore. Quello che sembrava non aver paura di niente, che non doveva chiedere mai. Quello che gli piaceva punirci senza motivo, perché diceva che dobbiamo sempre essere abituati al dolore e alla disciplina. Mi viene da ridere.
“Non ho capito cosa cazzo ridi”.
Agita la pistola. Rido ancora più forte. Non riesco a frenarmi. So che non dovrei. Lui strilla che mi spara, se continuo così. Urla, isterico, come suo solito. All’improvviso si calma.
“Perché?” inizia a chiedere, ancora con la pistola puntata. Poi l’abbassa. Ha capito tutto. Sa che è scarica. Lo scherzo è terminato. Schiocco le dita. Si accendono le torce elettriche. La risata adesso è generale. L’istruttore è pallidissimo, gli occhi vitrei. Sembra morto. La mimetica è sporca di vomito. E’ bastato fingere un assalto dei ribelli e lui è entrato nel panico. Si alza, la puzza di merda invade la grotta. Usciamo tutti fuori. “Sarà un’avventura” aveva detto. “Le avventure non sono sempre belle” e salgo sulla camionetta.