A/R
Sabato mattina. Foschia di madreperla impigliata fra i tetti. Il sentiero che porta alla cascata comincia fra orti e steccati, le dalie guardano la rugiada che si arrampica sui miei pantaloni. Respiro odore di funghi e di bosco, mentre procedo in leggera salita. È tutto verde, qui. Verdi le felci e il muschio, verde il mio maglione, verde l’aria in mezzo ai rami, verdi e severe le conifere, anche il torrente ha pozze di giada limpida. Non resisto, devo toccarlo con la mano e scendo fra i massi scivolosi fino alla riva. L’acqua lambisce i ciottoli e il mio palmo, gelida come immaginavo. Continuo a salire, il sentiero si trasforma in un percorso a scalette e passerelle sospese sull’orrido, che oscillano leggermente sotto il mio passo. Spuma di torrente, giù in fondo, pulviscolo d’acqua si posa sugli occhiali e li offusca. Sospiro, cosa starà facendo? e mi chino per passare sotto le rocce che incombono e stringono esigenti. È buio, lì sotto, e umido, il rombo della cascata è assordante, ormai, ma non riesce a coprire i miei pensieri. Eccola! Sulle pareti verticali, a pochi centimetri dal muro d’acqua sono spuntate alcune genziane tenaci, macchiano di pervinca la roccia. In alto l’oro della tarda mattina buca le cime dei pini. Ritorno in paese seguendo un altro sentiero, c’è odore di letame, grasso e pungente. I prati, increduli, non si rassegnano alla fine dell’estate e guardano stupiti macchie di erba ingiallita.
Domenica mattina, sotto le Odle. |