Non siamo nati per farci ammazzare
Allis
2474 battute

Individuo l’uscita di sicurezza e la cosa mi sorprende perché non l’ho mai fatto. Seguo le indicazioni delle assistenti di volo e mi accorgo di essere l’unico. Parlano solo per me.
L’aereo è pieno di vita: uomini, donne e bambini hanno tutti la cintura allacciata. L’aereo si muove e anche le assistenti di volo prendono posto. Penso che un tempo – manco troppo lontano – le assistenti di volo erano più belle e più alte e più giovani.
Il rumore del motore sale fortissimo, e l’aereo corre veloce sulla pista, velocissimo: sulla destra sfilano i monti di Capoterra e poi lo stagno che è di un rosa infuocato.
Mi metto a pregare. Non so chi e nemmeno cosa, ma mi sorprendo a pregare: mai successo in trent’anni di vita e una quarantina di voli. Troppe novità, e tutte concentrate in un tempo molto stretto, ho bisogno di fare chiarezza.
Il muso si alza quasi perpendicolare al cielo, lo vuole trafiggere. Siamo in volo, tutti nello stesso aereo, partecipi del medesimo destino: affidiamo le nostre vite a qualcuno, il pilota è come un medico in questi casi.
In basso si aprono i vasconi che nemmeno tanto tempo davano sale abbondante. Sale per gli altri sia chiaro: il nostro sale e il nostro sudore per le casse del padrone. È sempre andata così dalle mie parti.
La Saras non la voglio manco vedere, la mia Saras… giro la faccia dall’altra parte e penso che il riscatto debba passare per ognuno di noi, è una questione di dignità o se volete una scelta: piuttosto che inquinare la mia terra e ingrassare i maiali d’oltremare, piuttosto che questo, non lavoro, oppure come sto facendo me ne parto e vaffanculo. Vado a fare i gelati ad Amburgo. È una scelta la mia.
Quando penso alla Saras il sangue si riempie di veleno, nei polmoni ho tutta la merda che mi hanno fatto respirare per 10 anni al ciclo 33, quello che dovrebbe captare le polveri sottili, e invece ‘ste cazzo di polveri sottili se le ritrovano gli operai nei polmoni. Sono io ad essere voluto andare via, nessun licenziamento, né mobilità o cassa integrazione. Non è tempo di tagli in questi settori: ti riempiono di soldi per lavorare nel ciclo delle polveri sottili, ti pagano bene per morire, ti ammazzano col sorriso.
«Cosa vuoi fare?» mi hanno chiesto i colleghi. «Non c’è lavoro, ci dobbiamo accontentare.» «Siamo nati per morire non per farci ammazzare.»
Passo al bosco quindi, come dice Junger. Passo al bosco per fare gelati. È una scelta la mia.
Intanto una voce ci avverte che possiamo slacciare la cintura.