Autunno-Primavera?
Francesco Gennari
Roberta Patrignani
2442 battute

Si parte. Con me non porto nessuno. Sono fortunato a non dover condividere questo vento tra i capelli con un altro essere umano, l’idea di essere libero di decidere nuove rotte come la brezza, seguendo i miei desideri soltanto.
Questo viaggio a volte è scomodo…non riuscire mai a trovare una giusta posizione è come trovarsi su di un pilastro, immobile, ma con la certezza che sono il solo a farsi ammirare.
La gente sente il bisogno di portare con sé ricordi, illusioni, speranze di un qualcosa ormai lontano…stupidaggini! Non voglio avere rimpianti, quello che ho fatto è stato per merito mio, non devo ringraziare nessuno. Questo vetro che riflette i capelli ormai ingrigiti ed il volto solcato da profonde rughe mi ricorda come questo viaggio, non abbia mai preso una deviazione…ha sempre seguito la cadenza delle mie decisioni.
Sono io che guido senza compromessi, senza aspettare chi più volte mi ha teso vanamente la mano.
Una foglia si è adagiata al vetro… gialla, invecchiata come me. Una lacrima scende. Come questa foglia non ho legami, ho l’animo indurito. Non avevo mai pensato a questo.
Ed ora il mio viaggio arranca stanco, tra scampoli di mondo cuciti insieme da bordi grigi paralleli. Il fruscio dell’aria, unico compagno voluto di questa strada di eletti o alienati, viene zittito da stridule emissioni, urli frustrati. Anche l’andare si sottomette: rallentiamo fischiando. Questa sorta di freni preannuncia nuove tappe, ondeggianti cambi di ritmo, quasi fermate, in mezzo a paesaggi sfocati da cui nessuno emerge. Nessuno sale. Ad ogni inversione di tendenza sorge una flebile speranza di incontro. Puntualmente disillusa.
Mai mi era apparsa così limpida la prospettiva di voler condividere parte del vano intonso della mia vita, della mia anima. Profumo di plastica nuova e intese sfumature di solitudine. Le orbite delle ruote, costanti e implacabilmente seriali nel viaggiare in coppia, quasi mi ipnotizzano svegliandomi dal torpore che solo un cuore di pietra può aver metabolizzato. Gira la ruota della mia vita, schizzo via senza criterio come la liscia biglia della roulette. Autistico ho vagato per quella che pareva una via programmata e implacabile nelle sue progressive tristi conquiste.
Un ultimo assordante stridio determina un arresto improvviso, voluto. E’ tempo di staccare i piedi, smettere di pedalare. Per ricominciare a camminare. E ogni tanto fermarsi e riconoscersi scorgendo un proprio riflesso.