Manchester
Stefano "Crio" Mancini
2497 battute

Non voglio partire.
Questo viaggio di lavoro in Inghilterra arriva in un momento in cui vorrei vivere senz’audio, ed invece mi trovo costretto addirittura ad alzare il volume.
Allora penso ad una barchetta di carta, di quelle fatte con i giornali. Da piccolo mi divertivo a vedere quali titoli rimanevano in vista e quali, al contrario, andavano persi nelle piegature. Una volta imparato a lasciare i titoli che volevo all’esterno, smisi di costruirle.
E cosi mi sento: attendo che mi si costruiscano i giorni addosso e che qualcuno mi posi sulla strada per l’aeroporto.
"Un viaggio di lavoro" le mie parole al check-in e dopo un istante i pensieri vengono bruscamente interrotti dall’accelerazione del 4J100-REGIONAL JET 100.
Sono a pochi secondi dal punto di stacco, la linea netta che separa terra e cielo, possibile e impossibile. Perché l'uomo dove non arriva, imita, per questo coprirò 1049 miglia in 3 ore e 25.
La rapidità con la quale mi trovo a guardare fuori da una finestra della stanza 150 dell'Hanover International mi lascia senza parole. Ancora una volta quella amara sensazione di trovarmi dentro una cartolina interattiva, ancora una volta un paesaggio delimitato da infissi, ancora libero col guinzaglio al collo.
Il telefono parla.
Fonemi anglosassoni mi stordiscono, appuntamento fra 30 minuti, scelta vestiti, senso di vuoto… e i maledetti bar degli alberghi sono tutti uguali e la gente è sempre la stessa. Vorrei fotografarla per confrontarla nei successivi viaggi.
Sono tutte comparse.
"Hi, I'm Greg" e dal nulla spunta il PR Manager: sono in trappola.
6:00pm e Manchester straripa di una squisita atmosfera "british” che addolcisce contorni già smussati dalla birra, mentre ritaglio un angolo di anonimato che arredo con cura.
Il secondo bicchiere di whisky mi guarda curioso, ed io lo guardo con curiosità maggiore: non so come sia finito nelle mie mani e non ricordo neanche il primo.
Provo a mettere a fuoco qualcosa: un volto, un dialogo, un episodio.
Nulla.
E non si tratta di alcol: in tutto questo tempo la mia mente non ha catalogato nulla, come una sorta di selezione naturale di eventi.
Albergo ancora.
"Sir, do you want a wake-up call?" ma le porte dell'ascensore mi stanno già proteggendo come uno scudo. Chiave targata "150" e posso accendere con un click la mia solitudine e strappare questa pagina in bianco e nero di un libro a colori.
Morfeo lo trovo già li e, con impeccabile accento inglese, si limita a pronunciare "It's time to rest".
Il resto è una notte senza sogni.