Oasi benedettine in Ciociaria
Annibale Petricca
2498 battute

Una sorta viaggio cominciò in biblioteca, sul libro di un sacerdote campagnolo, sulla locale Congregazione micaelica, sulla chiesa di S.Angelo e i riti ad essa legati. E libri del genere possono portarti ben più in là delle carte geografiche o astronomiche. Pare che il santuario fosse un ritiro mitraico. Giunsi così presso la chiesa per cercare riscontro di quanto leggevo; pare che l’imperatore Onorio nel III sec. soppresse definitivamente i fondi statali per culti pagani, e che solo cento anni più tardi San Benedetto fondava su Sant’Angelo una vera e propria azienda, di cui le catene di montaggio sono solo, per dirla in termini inflazionati, copia della copia. E non solo a S.Angelo; nel Lazio, in Umbria… Gregorio I dice che per far ciò ebbe a combattere con draghi pagani e serpenti infernali. A me però il monastero sembrò un posto tranquillo. Tra rimboschimenti di abeti e pini, la chiesa si sviluppa sotto l’incavo della montagna, in cui immense rocce nere e muschiate si fanno spazio prepotentemente tra le pareti uniformi e disciplinate della struttura monastica: quasi che fossero plasmate da forze voluttuose prima che fisiche. E mentre contemplavo quello che mi parve un simile spettacolo, e giocavo a trovare analogie e metafore erotiche o spontaneamente retoriche, ecco che fui colpito e distratto da una botta dietro la nuca e ne fui come stordito, non tanto dalla forza del colpo quanto dagli odori che immediatamete dopo sentii intorno, e dalla visione che ancora a raccontarla provo imbarazzo e vergogna. Il sole all’orizzonte tramontava, ed ecco che dal sole vidi come venire una donna vestita d’oro tanto splendente, che lo stesso volto rifulgeva metallico; alla destra brandiva una spada, mentre con la sinistra teneva un calice dal quale traboccava come del vino. Ella venne per tagliarmi la lingua, disse: "Io sono Retorica, e quel che tu oggi sai, più non lo dirai, a meno che da questo calice non berrai". E io credetti che mi avesse per davvero tagliato la lingua. Allo scomparire della donna, cercai di capire se almeno la vista fosse ancora sana, e nella luce fredda che la visione si lasciò dietro, scorsi un dipinto murale mai visto prima: una città costruita sul capo di un drago, quasi morto, e la popolazione che ne raccoglieva il sangue in rivoli e canali per nutrire i campi intorno. In realtà erano solo le nude rocce, e lo spietato scherzo di Ada e Al-so. Egli poi mi porse un bicchiere di vino, ridendo: "E’ il sangue del drago, il calice di Retorica".