Il tassista cret..ese
Lorenzo Paoletti
1629 battute

Arrivano finalmente le ferie estive. Quest’anno si va a Creta, sentenzio convinto parlando con mia moglie. Atterriamo all’aeroporto di Hania, una specie di base lunare, grande come un francobollo. Una volta recuperati i bagagli, ci rechiamo a prendere un taxi per Sfakia, la nostra meta.
Mi fermo dinanzi ad una fiammante Mercedes, ma il suo proprietario mi dice che l’unico che si reca in tale luogo, è il taxi dietro di lui. Vi giuro che ho avuto l’impulso di salire sul primo aereo e ripartire. Di fronte a me c’è quella che doveva essere stata una Audi 80, letteralmente divorata dalla ruggine. Il tassista, poi è un tizio con la camicia aperta e la pancia di fuori, che da l’idea di essere uno a cui piace parecchio la bottiglia. Mia moglie, solitamente così poco schizzinosa, si siede con riluttanza sul sedile posteriore dal colore indefinibile, mentre io mi accomodo (si fa per dire) di fianco al tassista. Butto un’occhiata al cruscotto e rimango esterrefatto.
Il contachilometri segna il numero 453554. Dopo una ventina di minuti da che siamo partiti, giro la manopola per abbassare il finestrino, e la medesima si stacca, rimanendomi in mano.
Con molto imbarazzo, lo faccio notare all’autista, il quale ridendo me la prende con garbo dalla mano e la getta dal finestrino in corsa. Annarita mi guarda con gli occhi sbarrati.
Attraversiamo le famose Montagne Bianche, (così, chiamate perché su di esse gli alberi non sono proprio previsti) alte sino a 2000 metri, mentre l’autista si vanta di conoscere quella strada a menadito, persino le buche, dice. “Questo è evidente”, penso tra me, “infatti le hai prese tutte”.