Lettera di un cassiere suicida
Simonetta Ruggeri
2362 battute

Come mi ero svegliata, con la testa sottosopra dal malumore, mi ritrovavo ancora dopo un paio d’ore nel mezzo di un ingorgo alla periferia di Napoli, sotto un cielo bianco e compatto. In genere ascolto musica ipotizzando che in un futuro non troppo lontano, attoniti ominidi scrutino i fotogrammi sfocati di guerriglie consumate dietro cortine di vetro. Demoniache trappole di latta che scivolano su gomme oltre che sui binari del nostro tempo già infinitamente limitato. Eppure ieri mattina, questo pensiero sulla vita segregata nel traffico, non mi ha sfiorato. Rimuginavo sulla lettera di un cassiere di un supermercato, riportata da un quotidiano locale, dove descriveva le ragioni del suo imminente suicidio. Questo ragazzo di 23 anni era alienato e irrispettoso di logiche autoconservative. Parlava di bip!Bip!Bip come di una nota stonata conficcata nella corteccia del suo cervelletto, luogo dei cattivi ricordi. La paragonava ad un punteruolo spinto nel suo cranio da una mano invisibile. Si riferiva al rumore dei prodotti che passano il vaglio del codice a barre. Bip davanti, bip di dietro. Miliardi di bip a fargli sordidamente compagnia. I suoi bip insieme a quelli degli altri cassieri più la luce a neon che ti spara sulla pelle come una mitraglia. Diceva che quel bip aveva la meglio su ogni altra occupazione della giornata. Raccontava anche di cibo e confezioni colorate trascinate per ore su un tappeto nero. Oggetti da scrutare insieme a miliardi di acquirenti a cui formulare sempre le stesse sorridenti domande: “Ha la tessera?” “Busta?” “Carta o bancomat?”. E poi sequenze di bottiglie abbattute come birilli dalle strattonate di quel tappeto nero. La lettera si concludeva con una nota di inconsolabile tristezza sulle offerte promozionali. Il ragazzo diceva di nutrire un senso di colpa sotterraneo. Sapeva infatti che ogni cibo in offerta promozionale era più deteriorato degli altri, per una ragione o per l’altra, ma lo spirito di appartenenza alla sua azienda, gli proibiva di allertare amici e parenti. E così li vedeva sempre più malati e poveri. Diceva di prefigurare solo caos e di non saper più collegare un significato alla parola limite. Infine, immaginava l’intera umanità catapultata in un futuro senza povertà, lentamente rimpiazzata da un’unica immensa ricchezza nelle mani di faide esaltate. Poi la firma: Bip! Bip! Bip!