Il mistero dell’uomo/cavallo
Osvaldo il Maramaldo era impazzito dopo essere stato collegato ad internet per sedici settimane consecutive senza mai
alzarsi nemmeno per andare in bagno. Quel che riusciva a mettere assieme rubando dalla cassaforte di famiglia se lo
giocava ai cavalli, a Capannelle o Tordivalle. Quasi senza rendersene conto. Ladro instancabile di giorno, scommettitore incallito di notte. Un mostro. “Un giorno o l’altro, faccio filotto e mi sistemo per le feste! Non basterà un Tir, per portà a casa i quattrini! Ah! ah! ah!” scaciottava nel sonno, ballonzolando sul divano, ché pure la quinta moglie aveva dato di testa e l’aveva cacciato dal letto. Ma a lui non importava più di tanto, perché la psicologia del giocatore compulsivo è questa: ci si illude di poter controllare gli eventi, di giocare a piacimento con tutto, perfino con le persone. Ci si sente un burattinaio, un abile regista. Ma al peggio non c’è mai fine: un giorno, per vincere l’insonnia, Osvaldo cominciò a ingoiare psicofarmaci dell’Anonima Scrittori a tutte le ore. A forza di ingurgitare pasticche si mise a nitrire nel sonno, credendosi Varenne. La mattina faceva colazione con la biada. Sostituì il medico della mutua col veterinario. Invece di camminare galoppava a quattro zampe, defecava per strada e se qualcuno gli diceva “Lei è pazzo.” rispondeva: “Furia cavallo del West/ che beve solo caffè/ per mantenere il suo pelo/ il più nero che c’è”. Insomma andateci piano con queste pillole: potreste risvegliare il Maramaldo che è in voi. |