SERENASE®
Marco Cicoli
2500 battute

Tornando a casa da scuola, il ragazzo trovò sua madre appena dietro la porta di casa. Con indosso il grembiule da cucina e la solita faccia allarmata, la donna teneva un dito premuto sulle labbra.
“Dorme.”
Il ragazzo posò la borsa dei libri, evitando di sbatterla rumorosamente come al solito, e seguì la madre in cucina.
“Vai a lavarti le mani.”
Uscendo dal bagno, si affacciò alla porta della stanza del suo fratellino, Marco, di appena 8 mesi. Dormiva come un angioletto, e dopo aver controllato che fosse adeguatamente rimboccato, lui si diresse serenamente in cucina, dove la madre gli scoperchiava il piatto di pasta ormai fredda e gli tagliava due fette di pane.
Masticando piano le penne al sugo, il ragazzo si guardò silenziosamente intorno.
Dietro il vetro della credenza, era da qualche giorno spuntata una scatola nuova, bianca con una scritta viola. Serenase.
-“Quando si è addormentato?” chiese alla madre.
“Un’oretta fa.” Il silenzio che seguì quelle parole era parte integrante della frase.
“Sembra che funzioni – riprese sua madre - la nuova terapia.”
Il ragazzo annuì, il capo chino sul piatto: ne aveva viste tante, di terapie, che alla fine non avevano funzionato.
“Adesso dov’è?”
“Si è addormentato in poltrona. Non svegliarlo.”
Il ragazzo ripulì in fretta il piatto col pane, e schizzò fuori dalla cucina.
Entrò in salone in punta di piedi, e si andò a sedere davanti a suo padre, che dormiva con la bocca aperta e un’espressione d’infelicità sul volto.
Suo padre piegato dagli psicofarmaci era uno spettacolo terrificante, al cui fascino morboso il ragazzo non riusciva mai a sottrarsi. Un uomo così forte e spaventoso, pieno di profonde tenerezze e improvvisi scatti d’ira, che improvvisamente diventava il ritratto della fragilità. Un uomo che il ragazzo amava intensamente, ma da cui aveva imparato a stare lontano, durante le crisi che seguivano le notti insonni. Un uomo apparentemente indistruttibile, ma colmo di debolezze, che le pasticche finivano invariabilmente per svelare. Forse proprio per quello lui non voleva mai prenderle, quelle pasticche del cazzo, e finivano sempre a litigare per ore, lui e sua madre, tra urla e pianti.
Uno spettacolo terrificante, suo padre domato dagli psicofarmaci – pensava ascoltandolo russare piano - ma niente in confronto alla paura che incuteva da sveglio.
Mentalmente, il ragazzo ringraziò il Serenase, e si avviò in camera a fare i compiti.
Una ricerca di storia, sulla Roma imperiale di Marco Aurelio. Roba da ridere, in confronto a suo padre.