Jude
2486 battute

Deve essersi addormentata guardando la televisione. Guarda l’orologio, mancano pochi minuti alle due.
Si alza, non è troppo ferma sulle gambe, non è ancora del tutto sveglia, si sostiene appoggiandosi al muro.
Sente chiamare, forse è suo figlio, va a vedere. Apre la porta della camera, piano. Accende la luce del corridoio per vedere dentro senza svegliarlo, solo, il letto è ancora fatto,
possibile che non sia ancora rientrato?
sente la mano di suo marito sulla spalla
-vieni a letto- dice piano
-ho sentito chiamare, ma Gianluca non è ancora tornato-
-non importa, vieni a letto-
-Ma sono le due e Gianluca non è ancora tornato, non sei preoccupato di dove possa essere? e se gli è successo qualcosa?-
-Gianluca è morto, sono tre mesi che è morto. Tu non puoi andare avanti così, io non posso più andare avanti così, non ce la faccio più, lo capisci?-
Lei adesso sembra del tutto assente, gli volta le spalle. Lui le prende le braccia e la costringe a guardarlo negli occhi.
-non ce la faccio più, lo capisci?-
lei ha un espressione ingenua, e impaurita anche
-sì-

Cammina lento, saluta le persone che incontra e che gli sorridono, anche se preferirebbe non farlo, anche se preferirebbe stare a testa bassa, non vedere nessuno.
Qui il silenzio è pieno e denso, è come un rumore di fondo, i suoni ci affondano dentro, scompaiono subito.
Arriva alla tomba del figlio, non ha portato fiori, non gliene porta mai, ma aggiusta quelli che la moglie ha messo stamattina. Si bacia le dita e con quelle sfiora la foto.
è una foto vecchia di un anno, di quando Gianluca aveva ancora i capelli corti

-ciao
-sono venuto a dirti una cosa importante
-per parlarti di tua madre
-sta sempre peggio
-ieri quando sono rientrato dal lavoro non sembrava esserci nessuno in casa, credevo fosse andata a fare la spesa
-poi mi sono accorto che le sue cose erano là, le sue chiavi, il borsellino
-ho avuto paura, credevo avesse fatto una sciocchezza
-mi sono messo a chiamarla, sempre più forte, alla fine quasi urlavo
-poi sono andato a vedere in camera tua
-c’ho messo un quarto d’ora ad aprire la porta
-e lei era là, ferma immobile, seduta sul tuo letto che fissava il vuoto
-non mi aveva sentito chiamare e non mi aveva sentito entrare, era da qualche altra parte
-ho dovuto scuoterla per farla rientrare in sé, e quando finalmente si è accorta di me mi ha sorriso
-mi ha sorriso in modo strano

-credo stia diventando pazza, forse lo è già
-mi ha detto che l’avevi chiamata ancora
-non chiamarla più,
-ti prego, non chiamarla più