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Al giorno d’oggi, tutto il sistema precipita nell’indeterminazione,
tutta la realtà è assorbita dalla iperrealtà del codice e dalla simulazione.
E’ un principio di simulazione quello che ormai
ci governa al posto dell’antico principio di realtà”
Jean Baudrillard

Marco Cicoli si innamorò per l’ultima volta intorno al 24° del secondo tempo. Era sicuro che fosse proprio il 24°, perché il tutto era successo circa un paio di minuti dopo il palo di Bismarck, colto esattamente al 22° secondo il fedele resoconto della Rosea Gazeta, e che poi rimase fino alla fine l’unica emozione dell’intero match. Che poi, a leggerla così, nero su rosa, uno legge Bismarck e si immagina un centravanti di quelli ariani e mastodontici, magari un carrarmato che si aggira per l’area di rigore con i calzettoni tirati su fino sopra il ginocchio ed un boccale di birra in mano…e invece si ritrova questi 157 cm di muscoli neri e decisamente africaneggianti che scorrazzano a tremila sulla fascia, beffardi e veloci come gli gnomi delle favole, ma con una castagna nei piedi che poco poco il portiere prova a metterci le mani lui gliele brucia come una cometa in ritardo sulla nascita del bambinello.
Ventiduesimo del secondo tempo, palo di Bismarck a seguire un’inesorabile progressione sulla fascia, con il pubblico tutto in piedi a trattenere il fiato per vedere il pallone solamente scheggiare la base esterna del palo alla destra del portiere: l’unica emozione del match, secondo il fedele resoconto della Rosea Gazeta, la prima e meno intensa delle due, secondo Marco Cicoli che la partita la stava invece vedendo a casa, circondato di birra, sigarette, posacenere e magical box dotata di tutti gli accessori necessari per fabbricarsi spinelli, indispensabili per ammazzare la noia di quella cazzo di partita.
Due mesi ad aspettarla, non solo Marco Cicoli ma l’intera nazione, apparentemente, e poi non succede niente per novanta lunghissimi minuti. Cioè, quasi niente, se si esclude il palo di Bismarck al 22° e quell’altra cosa circa due minuti dopo, che la Rosea Gazeta non aveva annotato ma che non era sfuggita al magnetismo sentimentale di Marco Cicoli.
Quell’altra cosa era stata un sorriso luminoso che partiva da dentro un pellicciotto rosa, un fuoco caldo che ardeva in tribuna, proprio dietro la bandierina del calcio d’angolo.
La telecamera televisiva ci si era soffermata un attimo, una carrellata veloce sul pubblico mentre il mediano algerino della squadra di casa recuperava il pallone finito a fondocampo…un flash di un paio di secondi, ma che si era stampato come un tatuaggio prima nella retina e poi nella memoria sensoriale di Marco Cicoli. Che si era di conseguenza praticamente innamorato in quei due velocissimi secondi di sequenza televisiva.
Che poi, a definirlo l’amore, non è mica semplice, e però a Marco Cicoli gli era presa questa malinconia sorda che gli riproponeva di continuo quel sorriso radioso, quasi una madonna dipinta da leonardo ma dentro un pellicciotto rosa, o almeno sfocato di rosa, e con una chiusura filiforme a delimitarne i seni marmorei, o almeno marmorei se li immaginava Cicoli, che per i seni delle donne aveva sempre provato un’irresistibile attrazione, al di là del sesso dico, proprio così, come oggetto, come se avesse trovato la forma perfetta….a voglia a chiacchierarne gli psichiatri, resta di fatto che il seno delle donne era una gran bella invenzione, messa proprio li al punto giusto…se poi gli aggiungi un sorriso radioso come quello della tifosa sconosciuta, è chiaro che uno si innamora. Mettici pure che era tifosa della Viola, ed ecco li che a Marco Cicoli era sembrato in due velocissimi secondi di aver scoperto la donna della sua vita…..
Passò il resto della domenica a casa da solo, avvolto in una specie di frenetica apatia continuava a saltare da una canale all’altro in cerca di servizi sulla partita della Viola, e alla fine avrebbe visto esattamente 19 reportage su un incontro unanimemente giudicato “scialbo, vuoto e deludente”. Quasi tutti i servizi elogiarono la prestazione di Bismarck nel gririore della domenica invernale, ma nessuno menzionò, o inquadrò anche solo per un nanosecondo, la sorridente tifosa sconosciuta a cui Marco Cicoli aveva deciso di immolare il proprio cuore. Verso le nove telefonò a Lambrettone, un suo vecchio amico di scuola, fedelissimo del Kollettivo Viola, che non si perdeva una partita in casa, e quasi sempre seguiva anche le trasferte, quando poteva. Con sua enorme sorpresa, Marco Cicoli apprese da Lambrettone che ormai trovare un biglietto per le partite era impresa disperata, praticamente impossibile. Folle oceaniche pare programmassero l’acquisto di biglietti ed abbonamenti con formule ventennali, come lasciti familiari, e senza un adeguata copertura economica erano in pochi apparentemente a potersi permettere la partita allo stadio: una copertura economica ben al disopra di quella disponibile a Lambrettone, ed anche a tutti i suoi amici del Kollettivo, apparentemente. Apparentemente perché poi quando vedevi le partite in televisione gli spalti traboccavano sempre di tifosi, striscioni e bandiere…. “e dove li trovavano i soldi questi?” si domandava perplesso Marco Cicoli.
La serata naufragò a colpi di telecomando, tra i gol della B e una specie di spogliarello casareccio trasmesso da una televisione privata…Marco Cicoli capì di aver esagerato con la birra e gli spinelli quando ebbe l’impressione di riconoscere il pellicciotto rosa della sua visione Viola prima nel servizio su Messina –Arsenal (risultato finale 1-0, la sorpresa della giornata) e poi anche nella cronaca di Lokomotiv- Ternana….un caso di simultaneità, di delirio sentimentale o di travolgente successo commerciale per i produttori di quei giubbotti, si domandò Cicoli, propendendo alla fine per l’ultima ipotesi mentre gli occhi gli si chiudevano dal sonno.
Nel corso di quella settimana Marco Cicoli non fece altro che pensare a come recuperare un biglietto per la prossima partita casalinga della Viola: contattò segreterie telefoniche, club di tifosi, siti internet, trasmissioni televisive, ma non ci fu nulla da fare: eppure in televisione era pieno di pubblicità a prodotti che regalavano in omaggio biglietti per le gare più importanti…..


La tifosa impellicciata divenne presto un’ossessione dilagante per Marco Cicoli, che iniziò a vedere tutti, e sottolineo tutti, i programmi sportivi trasmessi in televisione, e a videoregistrarsi partite e dibattiti quando non poteva presenziare di persona, perché impegnato al lavoro, o invitato a cena dai suoi, o per altri occasionali motivi. Passò la primavera a cercare biglietti per le partite della Viola e a videoscansionare ogni partita teletrasmessa, annotando i sorprendenti risultati in un apposito taccuino. Che dopo solamente tre settimane già era in grado di fornire una statistica a dir poco stupefacente: gli avvistamenti di Eloisa (così Marco Cicoli aveva deciso di battezzare quel suo sconosciuto amore) sul piccolo schermo ammontavano ad un totale di 46, suddivise tra 22 partite di campionato di serie A, 18 di serie B, e 6 a partite di coppa. Eloisa aveva seguito le avventure di ben 29 squadre di club, tra cui Viola, Benfica, Ternana, Arsenal, Roma, Ferencvaros e Partizan Belgrado, e sempre secondo la statistica, seguito una media di 7 partite al giorno (eliminando lunedi e giorni vuoti), spesso in situazioni di contemporaneità e distanza geografica (15 febbraio, avvistata sia in Milan-Pescara a San Siro che al Nou Camp di Barcellona, dove l’Osasuña affrontava l’AlbinoLeffe per non retrocedere). In 19 di queste 46 occasioni, Eloisa sfoggiava il pellicciotto rosa filiforme, in altre 12 un maglioncino aperto a V di colore rosso (…aveva davvero un gran seno…) e nelle restanti 15 una felpa blu con una scritta bianca in caratteri giapponesi…
L’amore era un grande mistero per tutti, ma questa volta a Marco Cicoli iniziava davvero ad essere un pochino troppo confuso.

Un Cicoli sempre più perplesso decise alla fine di andare al Nautilus, un locale abbastanza malfamato dove si incontrava il popolo del Fantacalcio, la novità federale che aveva trasformato il volto del Campionato più bello del Mondo. Il fantacalcio era diventata una delle attività più significative nel bilancio statale: somme enormi di denaro seguivano gli spostamenti di giocatori e tecnici da un giocatore all’altro. Si trattava di formulare ed iscrivere delle squadre virtuali ad una serie di tornei, e poi sulla base delle prestazioni dei giocatori veri formulare partite vere, con classifiche avulse, su cui venivano veicolate scommese vere e proprie, torrenti di denaro che giravano di mano in mano a cadenza bisettimanale tra coppe e campionato, e coinvolgevano la stragrande maggioranza dei tifosi. Pian pianino, le partite vere, con i giocatori veri, come Bismarck, tutto era tutto diventato secondario, rispetto al movimento di capitali azionato dal fantacalcio. E siccome i nuovi criteri per la valutazione del benessere pubblico si basavano sulla velocità con cui il denaro cambiava mano (“Far Girare l’economia” diceva sempre il Premier in TV), eccolo li che il Fantacalcio era diventato un asse portante della comunità nazionale ed il campionato di calcio semplicemente un accessorio funzionale ma secondario.
Al Nautilus, Marco Cicoli contava di trovare ProntoSoccorso, un tipo che gli doveva un favore e che di mestiere faceva il fantacalciatore: aveva vinto somme spettacolari qualche anno prima, prima con i quiz televisivi e poi con il fantacalcio, anche se sempre grazie all’aiuto di suo fratello Mario. Mario era un ragazzone autistico da cui non si cavava fuori una parola neanche a minacciarlo, ma che spendeva tutto il suo tempo a memorizzare risultati e statistiche per il fantacalcio, a puro ed esclusivo beneficio di suo fratello ProntoSoccorso. Una bella coppia, i fratellini, che vivevano in due universi completamente separati, ma che si intersecavano una volta la settimana con il fantacalcio, regalandosi una pioggia di soldoni l’uno, e di liquirizia l’altro.
Marco Cicoli individuò ProntoSoccorso vicino alle slot-machine, mentre era impegnato nella scrupolosa esamina della Rosea Gazeta, organo ufficiale della Federfantacalcio. Era invecchiato ProntoSoccorso, e anche molto più velocemente di quanto stesse invecchiando Marco Cicoli. Si salutarono calorosamente, Marco Cicoli ordinò due birre e si sedettero in un angolo meno esposto al chiasso assordante delle valanghe di soldi che uscivano dalle slotmachine.
Marco Cicoli aveva un bisogno disperato di un biglietto per lo stadio, domenica la Viola affrontava la FIAT , una classica a cui Eloisa non sarebbe certo mancata. Ma neanche ProntoSoccorso sembrava in grado di esaudire la richiesta di Marco Cicoli: neanche lui riusciva mai a beccare un biglietto, oramai da almeno tre anni, prima ancora dell’incidente di Mario
“Mario, tuo fratello Mario?Che incidente?” chiese Cicoli, che nel corso di una seconda birra venne aggiornato da ProntoSoccorso sul triste destino di suo fratello Mario. Una paio di anni prima, infatti, pare che Mario avesse fornito indicazioni sbagliate riguardo al fantacalcio. La cosa venne accolta da tutti con una gran sorpresa, perché Mario non sbagliava mai (semplicemente l’autismo ti programma per non sbagliare) ma la Gazeta fu inflessibile ad ogni reclamo: Mario aveva sbagliato.
Da quel giorno Mario, già sepolto in un mutismo ostinato, smise anche di interessarsi al fantacalcio, iniziò a rifiutare cibo e liquirizie, e dopo un po’ scomparve del tutto.
“Me l’hanno ammazzato – sussurava ProntoSoccorso, con la birra in mano e gli occhi lucidi di lacrime- me lo hanno ammazzato quei bastardi della Gazeta, te lo dico io, andavamo troppo bene e non potevano permetterlo, quei maledetti stronzi. Mario non poteva sbagliare – aggiunse – lo sapevano tutti che non poteva sbagliare….”
Marco Cicoli se ne stava li inebetito, a guardare il suo amico piangere, e senza sapere cosa dire o rispondere….ancora più confuso, sul calcio, il fantacalcio, la Rosea Gazeta e Mario, che effetivamente in 32 anni di onorata attività, dal totocalcio al supergoal, dalle scommesse alle schedine, non aveva mai sbagliato….era come se qualcosa gli impedisse di mettere a fuoco la realtà, al povero Cicoli, che proprio in quel momento si sentì domandare:
“Tutto bene, signore?”
“Tutto bene, signore?” ripetè la voce, melodiosa come una ninna nanna, e quando Marco Cicoli alzò lo sguardo si ritrovò davanti proprio il sorriso radioso della agognata tifosa sconosciuta. Da quel momento in poi, la vita di Marco Cicoli subì un repentino avvitamento, un esplosione di endorfine improvvisa che lo spedì in una dimensione vorticosa dove tutto quello che sentiva dentro ed intorno a se era semplicemente amore, anzi, Amore, anzi no, AMORE, che a definirlo con precisione, l’amore, non è mica semplice, ma comunque Marco Cicoli si sentì improvvisamente così leggero da sollevarsi dalla sedia e confrontare il sorriso radioso della sconosciuta.
“Si certo, tutto bene, soprattutto se mi permette di offrirle un drink” fu la repentina proposta, immediatamente accolta dall’oggetto di cotanto desiderio, cioè lei, l’anonima tifosa di ben 29 diverse squadre di calcio.
Che poi in effetti risultò chiamarsi davvero Eloisa, quasi come nei fotoromanzi, ed era effettivamente dotata di un seno di quelli morbidi e profumati, di quei seni che facevano girare la testa a Marco Cicoli, specialmente se miscelati sapientemente con il più solare dei sorrisi…
All’inizio lui avrebbe voluto contenersi, ma poi iniziarono a parlare e parlare, e vennero stappate altre birre, e davvero non riusciva più a staccare gli occhi da quelle mammelle benedette, per cui ad un certo punto iniziò a sentire la propria voce raccontare ad Eloisa della prima partita, quella della Viola, e poi anche di tutte le altre, e delle serate spese a videoregistrare in attesa di poter vedere un fotogramma di lei…
Eloisa non smise mai di sorridere al suo racconto, era un sorriso avvolgente come un raggio di sole dietro la finestra e accendeva ancora di più la narrazione di un Cicoli sempre più ubriaco…alla fine lui dovette alzarsi per visitare il gabinetto, ed al ritorno Eloisa lo aspettava sorridente e solare come una stella: “Perché non usciamo un po’, ti va? Voglio raccontarti tutto di me…”
Uscirono dal Nautilus ed entrarono nella notte spugnosa di umida rugiada….barcollarono un po’ insieme per le strade del centro, ed in breve decisero per un ultimo bicchierino a casa di lei….mai così facile, pensava Cicoli, che poi era un titolo che aveva letto sulla Rosea gazeta a proposito di un 4 a zero con cui l’Olimpyakos aveva cancellato l’Ajax due giorni prima…..
Finì come era inevitabile che finisse, con i due avvinghiati rapidamente l’uno all’altra, prima sul divano del salone, e poi presto nel letto di lei, dove Marco Cicoli provò emozioni incomparabili con quanto aveva finora potuto conoscere del sesso. Amore, forse, che poi a definirlo con precisione, l’amore, non è mica così semplice, ma comunque Marco Cicoli trascorse due ore di estatico piacere senza allontanarsi mai più di mezzo palmo da quel seno rigoglioso, che gli ricordava tutto il buono della vita, della sua vita, almeno, della vita di Marco Cicoli.
Quando lo fece, dopo un bel po’, fu solo per arraffare una sigaretta sul comodino e accendersela gaudente a letto, senza neanche sognarsi di chiedere il permesso, perché comunque gli occhi di lei non smettevano di brillare e sorridere, dopo di che tornò a posare il capo sul quel nobile ripiano mammario, questa volta però con la faccia rivolta verso il muro (dove faceva bella mostra di se un poster dell’Italia campione del mondo España 1982) evitando così di sbuffare nicotina in faccia alla dolce Eloisa. Che iniziò a carezzargli i capelli, e gli chiese di raccontarle ancora di quando Marco Cicoli la inseguiva di canale in canale, di partita in partita…
E Cicoli raccontò, raccontò del palo di Bismarck prima, ma poi anche del rigore del Messina la sera stessa, e poi di Benfica-Atalanta e di PSV-Avellino, per la Coppa del Papa, e di quando la vide dietro la porta di Tomacewski in Arsenal-Roma, e poi ancora di quella volta che in contemporanea stava dietro la bandiera del calcio d’angolo a Genova a vedere Samp-Kaiserslauten e in tribuna a Catania per Catania-Sparta Praga….
“A proposito- domandò Cicoli senza distogliere lo sguardo dal poster – ma come facevi ad essere ovunque ? Qual è il trucco?”
Eloisa gli strinse la testa al proprio petto, dicendogli triste “Se proprio vuoi saperlo, allora te lo dirò”. Ed iniziò a raccontare, lei questa volta….
Apparentemente, da dopo la riforma del fantacalcio, le partite vere le giocano a porte chiuse…cioè, non ci sono spettatori reali sugli spalti, gli spettatori vengono montati televisivamente per i servizi filmati, tanto comunque le dirette non esistono più…
“Come non esistono le dirette?”
Ed Eloisa spiegò che le partite venivano giocate ed interrotte e a volte ripetute per via delle scommese del fantacalcio: troppi soldi, troppi interessi, va bene che i soldi devono girare, ma una qualche direzione bisogna pur sempre daglierla, e quindi il governo aveva il diritto di fermare e controllare i risultati in maniera da far confluire i soldi delle scommesse nella giusta direzione.
“E come?”
Ed Eloisa spiegò che presempio la partita della Viola di due mesi prima, quella del palo di Bismarck, tutti si aspettavano un incontro stellare con gola a ripetizione e quindi farla terminare 0-0 era come piazzare lo zero nella roulette: il banco vince….
Marco Cicoli, imbottito da amorose cure e ben tornite curve, stava per venire a conoscenza di un qualcosa che forse la gente non immaginava, un’altra ipotesi di realtà che certo sarebbe piaciuta a ProntoSoccorso e a suo fratello, magari altre tragedie potevano evitarsi…..
“Ma allora è tutta una rapina autorizzata? -chiese allegro Cicoli, soffiando vaporose bolle nicotiniche verso il poster di Cabrini, Antognoni & co – un ruba-ruba, un magna-magna generalizzato?”
“Mbeh, è un sistema sociale, funziona fino a quando gli unici a venirne a conoscenza saranno membri del governo e della polizia.”
“Quindi – chiese serafico Cicoli – tu lavori per il governo, o per la polizia, per qualcuno insomma…”
Cicolì la sentì sorridere, anche se non poteva vederla in faccia: “Certo, altrimenti come farei a sapere tutte queste cose?”
“E io –continuò dopo un attimo Cicoli – adesso sarei l’unico extragovernativo a sapere la verità?”
“Appunto” fu la secca risposta di Eloisa, seguita da un rumore metallico.
Marco Cicoli fece in tempo a voltare il capo verso di lei, fece in tempo a vedere la canna lucida di una pistola puntata diritta in mezzo ai suoi occhi, e poi, mentre una pallottola gli spappolava il cervello in una pioggia di molli frammenti filamentosi, fece anche in tempo a dire:
“Che sfiga del cazzo…”.
E quelle furono le ultime parole di Marco Cicoli.