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Il mio vestito è la mia pelle
Fili e ganci sfiorano il sangue,
le cicatrici restano isolate e
nell’insieme qualcosa non va.
Strascichi e veli coprono l’incertezza delle gambe e
L’effetto di inaspettata bellezza
Non offre soluzione di continuità.

Ora la mia pelle è il mio vestito
E non c’è più nulla che trattenga
Il respiro. Posso correre. E sfiorare angoli mai calpestati.
Cercare così consolazione nel dono di verità ma non trovo teneri Sguardi
Ed i sorrisi sono sempre più radi.

Di fatto non c’è più nulla che tenga e una spilla è meglio di niente.

Così decido. Toglierò tutto. Tenendomi stretta a me.
Sfilo guanti e piedi. Pelle e seta. Mani e capelli.
E la primavera che arriva qui fa le lumache libere di poter essere gialle come azzurri i serpenti.
(Ricordi?È un antico sogno e c’eri anche tu)

so che c’è qualcosa d’altro. E che lacera
e feconda in un solo tratto. Ma… non riesco a dirlo.

In finale il mio vestito è questo e somiglia forzatamente alla mia pelle.

ask me no more è il titolo di un quadro di Alma-Tadema del 1906 ed ancora un modo di dire del tutto comune.